Cola a picco un mito, il piroscafo Patria non riesce più a navigare

Como, milioni spesi e promesse da marinaio

Il piroscafo Patria davanti a Villa Olmo (Cusa)

Il piroscafo Patria davanti a Villa Olmo (Cusa)

Como, 4 gennaio 2018 - Nella sua lunga vita ne ha viste talmente tante che forse riuscirà a scamparla anche questa volta, ma di certo il 2018 del Patria non è iniziato sotto una buona stella. Il grande piroscafo che insieme al Concordia per quasi un secolo è stato il simbolo della navigazione sul lago di Como da più di un mese è ormeggiato di fronte a Villa Olmo, questa volta per rimanerci a lungo. Il molo è quello giusto, a poca distanza c’è Villa Saporiti la sede dell’amministrazione provinciale di Como che dal 2004 è proprietaria dell’imbarcazione, ma questa volta a bilancio per far navigare il Patria non c’è neppure un euro.

A essere sinceri è da un pezzo che non esce un filo di fumo dal comignolo del gigante lungo sessanta metri e omologato, nel lontano 1926, per trasportare 900 passeggeri a viaggio: metà seduti e metà in piedi. Uno scherzo per quel giovanotto da 276 tonnellate di stazza che allora si chiamava Savoia e spavaldo si faceva tutto il lago avanti e indietro: allora il suo motore da 591 cavalli capace di muovere le due ruote colossali sembrava un portento mentre andrebbe bene al massimo per un fuoribordo. L’ultimo viaggio, da Como e Dervio, il Patria l’ha addirittura dovuto fare con l’aiuto della motonave Bisbino, al traino e di notte. Impossibile pensare di riaccendere il glorioso motore a vapore: per metterlo in temperatura di utilizzo occorrono due persone e almeno quattro ore di lavoro, ma soprattutto oggi non lo sa più fare quasi nessuno.

Le ultime volte che il piroscafo ha sbuffato al timone c’era un capitano d’eccezione, il cantante Davide Van De Sfroos. Già allora però farlo muovere era stata a dir poco un’impresa, il motore era stato restaurato ma per avviarlo e controllarlo era stato necessario richiamare dalla pensione un paio di vecchi fuochisti della navigazione, veterani entrati in servizio alla fine degli anni ’50, quando il Patria oltre al nome aveva cambiato anche dieta passando dal carbone alla nafta. Sempre e comunque una dieta da Pantagruel: 22 chili di combustile per macinare mille metri alla velocità massima di 23 chilometri l’ora. Venticinque anni fu dismesso. Rimossi gli arredi, tolto il prezioso legno di teak dal ponte principale, ai cantieri di Dervio erano pronti a procedere alla demolizione quando a mobilitarsi per quello che considerava il suo piroscafo è stata la gente del lago. Piercesare Bordoli de «La famiglia comasca» fece della sua salvezza una ragione di principio e di vita e l’allora presidente della Provincia di Como, il leghista Leonardo Carioni, gli andò dietro. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e anche di milioni spesi per rimettere il piroscafo in ordine. Un’impresa ancora disperata.