Peste suina africana: cos'è, sintomi e cure. Pericolosa per l'uomo? Primo caso in Italia

E' allarme in Piemonte e Liguria. Task force in Lombardia per prevenire la malattia. Coldiretti: "Danni al tessuto sociale, economico e produttivo"

Peste suina: la Toscana attiva un numero per le segnalazioni

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Milano, 11 gennaio 2022 - E' allarme peste suina africana anche in Italia, soprattutto in alcune regioni come Piemonte e Liguria. Ma anche la Lombardia è in allerta. Vediamo nel dettaglio tutte le informazioni riguardo questo virus: dai sintomi alle 'vittime' e, soprattutto, se è pericoloso anche per l'uomo.

Che cos'è la peste suina africana

La peste suina proveniente dall’Africa è una malattia virale dei suini e dei cinghiali selvatici, solitamente letale. E' altamente trasmissibile e mette quindi a rischio gli allevamenti di maiali e lo stesso commercio di carni suine.  Questo tipo di malattia, solitamente, è presente nell’Africa sub-sahariana ma nel 2007 si verificarono focolai infettivi in Georgia, Armenia, Azerbaigian nonché Russia europea, Ucraina e Bielorussia.  Il virus può resistere per anni nella carne congelata e viene reso inattivo solo dalla cottura e da specifici disinfettanti.

Si trasmette all'uomo?

La peste suina africana, malattia virale altamente contagiosa, non si trasmette agli esseri umani.

I sintomi

I sintomi tipici di questo morbo sono simili  a quelli della peste suina classica e per distinguere l’una dall’altra occorre una diagnosi specifica di laboratorio. I sintomi tipici includono febbre, perdita di appetito, debolezza, aborti spontanei, emorragie interne con emorragie evidenti su orecchie e fianchi. 

Un virus letale o che dura nel tempo

I ceppi più aggressivi del virus sono generalmente letali (il decesso avviene entro 10 giorni dall’insorgenza dei primi sintomi) e gli animali infettati da ceppi meno aggressivi del virus della peste suina africana possono non mostrare i tipici segni clinici. Gli animali che superano la malattia possono restare portatori del virus per circa un anno, giocando dunque un ruolo fondamentale per la persistenza del virus nelle aree endemiche e per la sua trasmissione. Il virus è dotato di una buona resistenza in ambiente esterno e può rimanere vitale anche fino a 100 giorni sopravvivendo all'interno dei salumi per alcuni mesi o resistendo alle alte temperature. Nel sangue prelevato è rilevabile fino a 18 mesi.

Prevenzione

La malattia si diffonde direttamente per contatto tra animali infetti oppure attraverso la puntura di vettori (zecche). La trasmissione indiretta si verifica attraverso attrezzature e indumenti contaminati, che possono veicolare il virus, oppure con la somministrazione ai maiali di scarti di cucina contaminati, pratica vietata dai regolamenti europei dal 1980, o smaltendo rifiuti alimentari, specie se contenenti carni suine, in modo non corretto. Nei Paesi indenni la prevenzione dell’infezione si effettua attraverso la sorveglianza passiva negli allevamenti domestici e sulle carcasse di cinghiale rinvenute nell’ambiente o in seguito ad incidenti stradali, il rigoroso rispetto delle misure di biosicurezza negli allevamenti suini, il severo controllo dei prodotti importati e la costante sorveglianza sullo smaltimento dei rifiuti alimentari, di ristoranti, navi e aerei. Nei Paesi infetti il controllo si effettua attraverso l’abbattimento e la distruzione dei suini positivi e di tutti gli altri suini presenti all’interno dell’allevamento infetto. Fondamentali sono non solo l’individuazione precoce dell’ingresso della malattia, ma anche la delimitazione tempestiva delle zone infette, il rintraccio e il controllo delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati, le operazioni di pulizia e disinfezione dei locali e dei mezzi di trasporto degli allevamenti infetti, l’effettuazione delle indagini epidemiologiche volte ad individuare l’origine dell’infezione.

Vaccini e cure

Al momento non esiste un vaccino o una cura per la peste suina africana. Come previsto dal vigente Piano nazionale di sorveglianza e dalle norme di settore, quando si riscontrano uno o più sintomi tali da far sospettare la presenza di PSA in un allevamento di suini, occorre immediatamente darne comunicazione ai servizi veterinari competenti per territorio. Analogamente, quando si rinviene una carcassa di cinghiale nell’ambiente, o a seguito di incidente stradale che abbia coinvolto un cinghiale, è necessario segnalare l’evento ai Servizi Veterinari, alle forze dell’ordine o enti parco, guardie forestali, oppure contattare i numeri verdi regionali.

Primo caso in Piemonte

Un caso di peste suina africana in Italia è stato riscontrato in Piemonte. Nelle analisi della carcassa di un cinghiale ad Ovada infatti, che si trova provincia di Alessandria, è stato trovato un caso di peste suina. La documentazione è stata trasmessa al ministero della Salute e poi, per analisi più approfondite, verrà trasmesso tutto quanto anche alla Commissione Europea e all’Oie (Organizzazione mondiale della Sanità animale).  Gli esami sono stati effettuati dall’Istituto Zooprofilattico dell’Umbria e delle Marche, centro di referenza nazionale per le malattie da postivirus.  Secondo l'ultimo aggiornamento dell'assessore alla Sanità, in Piemonte ci sono 5 animali infetti e 78 comuni nell'area di controllo. "A oggi abbiamo 5 casi in un'area che si era pensato di circoscrivere in 40 comuni, sono poi passati a 54 e oggi siamo a 78 nel Piemonte. Attendiamo nelle prossime ore l'ordinanza ministeriale che determini l'area esatta di circoscrizione e tutti i provvedimenti per contenere ed eradicare il focolaio dal Piemonte e dalla Liguria, che indicativamente ha altrettanti comuni coinvolti in questa triste vicenda", ha spiegato l'assessore alla Sanità Luigi Icardi, rispondendo a un'interpellanza del consigliere di Fratelli d'Italia Carlo Riva Vercellotti durante il Consiglio regionale di oggi.  Con il “caso uno” è iniziata dunque in Italia la seconda ondata di peste suina africana, dopo quella del 1978 che ha colpito la Sardegna. 

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Task force in Lombardia

La Regione Lombardia ha istituito una task force per prevenire e contrastare la peste suina sul territorio regionale, in seguito al rinvenimento di alcune carcasse di cinghiali vettori della malattia in Piemonte e Liguria. L'Unità di crisi, che si è riunita alla presenza dell'assessore all'Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi di Regione Lombardia, Fabio Rolfi, è coordinata dalla U.O. Veterinaria di Regione Lombardia (DG Welfare) e composta da rappresentanti della DG Agricoltura, della DG Protezione civile, dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia-Romagna, dei Dipartimenti Veterinari delle Ats, della Polizia provinciale e dei Carabinieri forestali. "Abbiamo deciso - ha detto l'assessore Fabio Rolfi - di sospendere al momento le forme di attività venatoria vagante e collettiva al cinghiale in provincia di Pavia, il territorio più a rischio vista la vicinanza territoriale con i casi registrati in Piemonte e Liguria, per evitare spostamenti rapidi dei cinghiali. Promuoveremo, in collaborazione con Polizia provinciale e Carabinieri forestali, una intensa attività di sorveglianza passiva invitando anche agricoltori e cacciatori a segnalare eventuali carcasse presenti sul territorio. La peste suina rappresenta un disastro per l'export di un comparto strategico come quello dei suini. In Lombardia è allevato il 53% dei capi a livello nazionale. Quindi faremo di tutto per contrastare l'arrivo e la diffusione di questa malattia portata dalla fauna selvatica".

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L'allarme di Coldiretti

Le organizzazioni agricole esprimono un doppio timore, di tipo sanitario, per gli allevamenti, ed economico, con il rischio che alcuni stati extra-Ue blocchino l'importazione di tutte le carni suine italiane. E ritengono che sia stato fatto troppo poco per bloccare la proliferazione di cinghiali. "C'é l'assoluta necessità di interventi tempestivi e coordinati -  dice Enrico Allasia, presidente della Confagricoltura Piemonte - per arginare un'emergenza che non riguarda più soltanto le imprese agricole, danneggiate dei selvatici, ma che interessa tutta la popolazione. Ormai è un problema che, se non controllato, procurerà danni irreparabili per il nostro tessuto sociale, economico e produttivo". La Coldiretti piemontese è pronta "a richiedere il risarcimento danni ed a costituirci parte civile nei confronti di chi non ha saputo gestire correttamente la problematica del proliferare dei cinghiali e di chi ha avuto la responsabilità di farla degenerare".