Torino, ragazzo si uccide gettandosi sotto il treno. L'odio in rete: "Morte ai gay"

Orlando Merenda, questo il suo nome, sarebbe stato deriso per il suo orientamento sessuale. La procura apre un'inchiesta: acquisiti i messaggi sul suo profilo Instagram

Orlando Merenda

Orlando Merenda

Torino - La procura di Torino ha aperto un fascicolo sulla morte di Orlando Merenda, una ragazzo di 18 anni che si è ucciso, forse perché deriso a causa del suo orientamento sessuale. A condurre la battaglia per una richiesta di giustizia è la madre di Orlando, Anna. "Adesso ho un compito. Trovare i colpevoli e non mi darò pace... finché non uscirà la verità...Troveremo giustizia", ha scritto la donna sui social. 

Il gesto estremo

Orlando si è tolto la vita domenica scorsa, intorno alle 14.30, gettandosi sotto un treno, fra le stazioni ferroviarie di Torino Lingotto e Moncalieri. Una decisione maturata, a quanto pare, in seguito agli insulti e agli sberleffi ricevuti perché omosessuale. Un odio che non si è fermato neppure dopo la morte: "Morte ai gay", qualcuno ha scritto sulla sua pagina Instagram. La procura di Torino ha aperto una inchiesta su questa nuova pagina di omofobia. Secondo quanto è stato ricostruito in questi primi passi dell'inchiesta, anche sulla base delle testimonianze dei familiari, Orlando - che frequentava un istituto per diventare barman o cameriere - aveva pranzato con il papà e il fratello. Poi è uscito di casa, salutando i familiari. "Ci vediamo fra poco" ha detto. Niente che potesse far presagire la tragedia in agguato. Ha raggiunto la linea ferroviaria, ha scavalcato il muretto e qui si è gettato sotto un convoglio in arrivo.

Le paure di Orlando

"Mi aveva confessato - racconta il fratello di Orlando Merenda - di aver paura di alcune persone. Non mi ha spiegato chi fossero, non ha fatto nomi. Era preoccupato. Diceva che mettevano in dubbio la sua omosessualità". E un'amica: "Si era chiuso in se stesso". Altri amici, alcuni dei quali sono stati sentiti dagli agenti della polizia ferroviaria che indagano sul caso, dicono: "Lo prendevano in giro perché era omosessuale". "Sarai il mio angelo - scrive la madre sui social - sono convinta che tu sia per sempre mio. Motivo per resistere e che sia verità e giustizia. Sei morto da martire. Ma nessuno meritava la tua vita". E aggiunge: "Non ho pensato mai a un gesto estremo, non di tua volontà. Chi mi ha tolto la mia gioia si pentira' amaramente. Sei stato ingannato, plagiato, deriso, umiliato... il tuo carattere così fragile... non sapevi dire di no. Sei stato l'amico di tutti. Troveremo giustizia".

Il fascicolo della procura di Torino al momento è contro ignoti. L'obiettivo è accertare se dietro al gesto estremo ci sono motivi legati agli insulti che il giovane avrebbe ricevuto in quanto gay. L'ipotesi di reato è istigazione al suicidio. Gli investigatori hanno acquisito i messaggi sul suo profilo Instagram precedenti alla tragedia. 

Intanto sono in molti a dedicare al ragazzo un pensiero proprio sul social network. "Eri così bello. Perché?", "Riposa in pace bellissimo angelo", "Una settimana senza di te, buon viaggio piccolo" sono soltanto alcuni dei post che compaiono sulla sua pagina Instagram. "Mi mancherai tantissimo", "Non ci posso ancora credere", "Non ci sono parole" e così via. Ma tra un cuoricino, le lacrime e una preghiera c'è anche chi trova il tempo per augurare "la morte ai gay". Il sospetto è che Orlando, che sui social si definiva "principesso", non abbia sopportato sguardi di troppo e battute che non l'hanno risparmiato neppure dopo la morte.

Le reazioni

Sulla vicenda è intervenuto anche Fabrizio Marrazzo, portavoce nazionale del Partito Gay per i diritti LGBT+, Solidale, Ambientalista e Liberale. "Diamo la nostra solidarietà alla famiglia di Orlando Merenda, suicidatosi a 18 anni, gettandosi contro un treno perché vittima di omofobia - ha detto Marrazzo - i bulli che lo hanno discriminati sono di fatto colpevoli della sua morte e ne dovranno rispondere nelle aule di tribunale, invitiamo la magistratura a fare piena chiarezza sui fatti".

Quanto accade in questi giorni, prosegue Marrazzo, "da parte di giovanissimi che anche ieri hanno agredito un ragazzo di 12 anni che andava al Pride Milano e due giorni fa aggredito un giovane adolescente in via Po a Torino, è molto preoccupante. C'è bisogno di formazione in tutte le scuole e purtroppo l'articolo 7 del Ddl Zan blocca di fatto la formazione contro l'omobitransfobia rafforzando cosi i bulli che tormentano i nostri studenti".