Omicron: cosa sappiamo della nuova variante, spiegato con tre grafici

Sembra essere più trasmissibile e resistente ai vaccini rispetto alla Delta, ma alcuni indizi suggeriscono che provochi una malattia più lieve

Illustrazione di Arnaldo Liguori

Illustrazione di Arnaldo Liguori

Identificata per la prima volta il 26 novembre in Sudafrica e in Botswana, la variante Omicron di Sars-Cov-2 preoccupa gli scienziati e le autorità sanitarie di tutto il mondo. Sia perché presenta un elevato numero di mutazioni rispetto a quelle precedenti, sia perché ci sono ancora poche informazioni certe sulla sua pericolosità.

Tuttavia, molte ricerche e studi scientifici condotti nelle ultime settimane hanno provato a chiarire gli aspetti fondamentali della variante: la sua trasmissibilità, la sua resistenza ai vaccini e la sua mortalità. Ma andiamo con ordine.

 

È più trasmissibile?

In breve, è altamente probabile. Tutte le prove raccolte fino a questo momento suggeriscono che la Omicron si diffonda più rapidamente rispetto alle altri varianti, compresa la Delta. Lo confermano diversi studi pubblicati in Sudafrica, Regno Unito, Israele, Stati Uniti e Unione europea.

La spiegazione più plausibile è che la nuova variante, che presenta 32 mutazioni rispetto al ceppo originario, non solo riesca a invadere le cellule più facilmente e quindi a moltiplicarsi con elevata rapidità, ma sia anche in grado di reinfettare i guariti. Quest’ultima ipotesi è stata confermata da alcuni test in laboratorio e da ricerche sul campo.

Sulla contagiosità, uno studio epidemiologico condotto tra Germania, Regno Unito, Stati Uniti e Sudafrica ha confrontato l’indice Rt della Omicron rispetto alla Delta. L’indice Rt, lo ricordiamo, indica quante persone possono essere contagiate da un solo infetto in un certo periodo di tempo (con un Rt uguale a 3, ad esempio, un contagiato infetta in media altre tre persone).

Grafico di Arnaldo Liguori
Grafico di Arnaldo Liguori

Come si vede dal grafico, in tutti i Paesi l’indice Rt della Omicron è 3-4 volte più alto dell’Rt della Delta. I dati mostrano quindi che la nuova variante è molta più contagiosa rispetto alle precedenti.

La “linea più larga” della Omicron mostra l’intervallo di confidenza (una sorta di margine di incertezza) ed è più largo perché il valore esatto dell’Rt è ancora piuttosto incerto. Per fare un esempio: in Germania la media 3,1, ma potrebbe essere più basso (1,3) o molto più alto (4,2). Col passare del tempo avremo un numero più preciso.

Sulla base di questi dati, comunque, gli scienziati ipotizzano che la Omicron si diffonderà più facilmente delle precedenti varianti. In diversi Paesi i ricercatori hanno segnalato che i casi di Omicron raddoppiano ogni due o tre giorni. La questione, a questo punto, è quanto riesca a “bucare” i vaccini.

 

È resistente ai vaccini?

Rispondere a questa domanda è più difficile, ma alcuni scienziati suggeriscono che i vaccini siano meno efficaci contro la variante Omicron. Un enorme studio condotto dai principali centri di ricerca britannici ha mostrato che la protezione fornita dei vaccini mRna come il Pfizer-BioNTech è sensibilmente più bassa e tende a diminuire più rapidamente nel tempo.

Grafico di Arnaldo Liguori
Grafico di Arnaldo Liguori

Nel grafico, viene confrontata l’efficacia del vaccino Pfizer contro le varianti Omicron e Delta. Come si vede, già due mesi dopo la seconda dose l’efficacia contro la Omicron può scendere sotto il 50 per cento. Anche qui, non abbiamo ancora un valore preciso (per questo l’area della linea rossa è così grande), ma sappiamo che c'è un calo dell'immunizzazione.

L’unica protezione adeguata, secondo i dati attuali, è fornita dalla terza dose, che secondo lo studio britannico porta la protezione intorno al 75 per cento. Anche altri test in laboratorio hanno confermato che la dose di richiamo produce livelli eccezionalmente alti di anticorpi (fino a 25 volte in più della seconda dose): insomma, sufficienti per combattere la Omicron.

Diverse aziende farmaceutiche, comunque, sono già al lavoro per aggiornare i propri vaccini contro la nuova variante e hanno dichiarato che i sieri potrebbero essere pronti già nei primi mesi del 2022.

 

È più letale?

I primi casi di Omicron registrati in Sudafrica sono meno gravi rispetto a quelli di altre varianti. Questo fa sperare che provochi una malattia più lieve, ma è presto per tirare conclusioni certe. Anche perché la maggior parte dei pazienti del Paese sono mediamente piuttosto giovani. Una ricerca condotta dall’autorità sanitaria sudafricana ha confrontato la gravità dei ricoveri dell’attuale ondata di Omicron con quella della precedente ondata di Delta.

Grafico di Arnaldo Liguori
Grafico di Arnaldo Liguori

I risultati mostrano che durante l’ondata di variante Delta la percentuale di pazienti che andavano in terapia intensiva o avevano bisogno di respiratori (caschi per l’ossigeno) era molto più alta rispetto all'odierna ondata di Omicron. In altri termini, la quota di persone che ha sviluppato una malattia grave a causa della Omicron è meno della metà rispetto alla Delta.

Questo dato, tuttavia, va preso con cautela, perché durante l’ondata precedente solo l’1 per cento dei sudafricani era vaccinato, mentre oggi è circa il 25 per cento. Ci vorrà tempo per capire gli effetti della variante sui Paesi che hanno una popolazione altamente vaccinata, ma più anziana.

Di certo, gli studi confermano che la Omicron ha un’alta capacità di infettare persone guarite da precedenti forme di Covid-19 e che alcuni farmaci, come alcuni anticorpi monoclonali, si sono rivelati poco efficaci. Restano invece pienamente efficaci diverse pillole antivirali e antiinfiammatorie.

 

E quindi, cosa succederà?

I modelli sviluppati dei ricercatori ci dicono che la variante Omicron è molto trasmissibile ed è abile nell’eludere le difese immunitarie fornite dal vaccino o dalla guarigione. Per questo, gli scienziati si aspettano che diventi dominante in molti Paesi entro la fine dell’anno, soppiantando la Delta.

A quel punto, anche se la variante provocasse malattie più lievi, potrebbe spingere gli ospedali al limite. Nell’ipotesi peggiore, cioè nel caso di sintomi gravi, la situazione potrebbe diventare molto più critica di ogni previsione.

Ma gli indizi sulla lievità della malattia della Omicron fanno ben sperare e anzi, aprono una prospettiva di speranza nel lungo periodo.

Secondo un’interazione ben nota in ambito virologico, molti virus tendono ad accrescere la loro capacità di trasmissione diminuendo la loro mortalità, così da sopravvivere a lungo. E su questo fronte, la Omicron presenta una novità assoluta.

Quasi tutte le precedenti varianti viste fino ad ora (compresa la Delta) derivano l’una dall’altra: in altre parole, ognuna era un’ottimizzazione di una variante precedente. Al contrario, secondo uno studio dell’Università di St. Andrews, la Omicron deriva direttamente da uno dei ceppi originari.

E in questo c’è speranza: il virus potrebbe essersi evoluto in modo più trasmissibile ma meno letale, come è successo con l’influenza e il virus del raffreddore. Se venisse appurato che la variante Omicron è responsabile soltanto di sintomi lievi, sarebbe una buona notizia.

Il microbiologo e membro del Comitato tecnico scientifico Andrea Crisanti si è espresso a fine novembre su questa possibilità: «Sarebbe la prova che l'epidemia è finita perché verrebbe alimentata da una variante che immunizza senza fare male. Significherebbe che il virus starebbe evolvendo verso una minore virulenza. Quindi la comparsa di questo nuovo ceppo non è necessariamente un fatto negativo».

D’altra parte, non sappiamo quanto tempo potrebbe impiegare a diventare meno pericolosa. Forse mesi, o anni. Nel frattempo, gli unici mezzi di prevenzione sono l’utilizzo di mascherine (meglio se FFP2), il distanziamento e, soprattutto, la vaccinazione con prima, seconda e terza dose.

Anche perché se la trasmissione è elevata come suggerito da tutti gli studi a disposizione, sarà sempre più improbabile riuscire a sfuggire alla nuova variante. E per i non vaccinati, questo rappresenta un rischio grave e inutile.