Covid: come cambierà con le sottovarianti di Omicron? Ondate, velocità contagi, sintomi

Gli occhi degli esperti puntati sulla mutazione F486V

E' una delle questioni più "calde" sul fronte del Covid, dati anche i richiami degli esperti alla realtà di una pandemia che è tutt'altro che finita. La domanda su come evolverà il contagio da Sars-CoV-2 nel futuro prossimo, in particolare dall'autunno, è da tempo sul tavolo. Molti specialisti hanno provato a esercitarsi, anche se l'emergere di varianti ha complicato il quadro delle previsioni. Nelle ultime settimane, però, e con le ultime mutazioni, sembra che ci sia stata un'inversione di tendenza: gli ipotetici sviluppi della malattia paiono essere diventati prevedibili con maggiore efficacia. Anche per questo Nature, storica rivista scientifica, prova a leggere nella "palla di vetro" della pandemia, sentendo diversi esperti che hanno contribuito a realizzare un'analisi pubblicato sul sito della rivista.

Come le varianti possono cambiare il destino del Covid-19

Focus dell'approfondimento è il ruolo di Omicron, ultima delle varianti venute allo scoperto, che ha "figliato" una serie di versioni leggermente differenti. Le sotto-varianti di Omicron, come BA.2, BA.4 e BA.5, sono la spia del fatto che il virus SarsCoV2 sta cambiando, al punto che potrebbe portare a ondate periodiche. Se le prime varianti, come Alfa, Delta e la stessa Omicron, erano molto diverse da quelle che le avevano precedute, le sotto-varianti di Omicron hanno somiglianze di famiglia che permettono facilmente di ricostruirne l'origine, inoltre si diffondono più velocemente di quanto non facesse Omicron, potrebbero sfuggire più facilmente agli anticorpi e causare ondate periodiche, come sembrano attualmente fare in Sud Africa le sotto-varianti BA.4 e BA.5, e in Nord America la BA.2.12.1.

Le nuove sotto-varianti di Omicron potrebbero segnare il passaggio a ondate simili a quelli dei virus influenzali, anche ogni sei mesi, secondo l'ipotesi del biologo evoluzionista Tom Wenseleers, dell'Università Cattolica belga di Lovanio. Secondo il ricercatore non si possono nemmeno escludere "rimonte" di varianti che ora sembrano svanite, come la Delta.

Evoluzioni prevedibili con maggiore facilità?

 Il Sud Africa potrebbe essere fra i primi Paesi a sperimentare la nuova ondata epidemica spinta da BA.4 e BA.5, come osserva la virologa Penny Moore, dell'Università del Witwatersrand, a Johannesburg. La buona notizia, prosegue, è che le ondate di Covid-19 cominciano a seguire percorsi prevedibili, con nuovi picchi di contagi che periodicamente emergono dai ceppi in circolazione. "Sono i primi segnali che il virus si sta evolvendo in modo diverso" rispetto a quanto faceva due anni fa, quando le varianti sembravano venire fuori dal nulla, dice il bioinformatico Tulio de Oliveira, dell'Università sudafricana Stellenbosch. I dati di Oliveira indicano che BA.4 e BA.5 sono comparse, rispettivamente, a metà dicembre 2021 e all'inizio di gennaio 2022. Entrambe ora sono responsabili dal 60% al 75% dei casi in Sud Africa, dove da marzo i nuovi casi sono aumentati dalla media di 1.200 a circa 5.000 al giorno.

Per il biologo evoluzionista Jesse Bloom, del centro di ricerca Fred Hutchinson di Seattle, non è chiaro se la maggiore capacità di diffondersi delle nuove sotto-varianti si debba alla capacità di sfuggire più facilmente agli anticorpi. L'ipotesi è in linea con i dati del virologo Alex Sigal, del sudafricano Health Research Institute di Durban. L'attenzione è puntata sulla mutazione chiamata F486V, localizzata nella proteina Spike, con la quale il virus SarsCoV2 si aggancia alle cellule umane. La capacità di sfuggire agli anticorpi sta emergendo, infine, anche per la sotto-variante BA.2.12.1, individuata in Nord America, secondo la ricerca coordinata dal virologo David Ho, della Columbia University a New York.