Mottarone, rimossa la cabina della strage

Sarà analizzata per fare luce sull’incidente del 23 maggio, quando la funivia precipitò e uccise 14 persone. Sopravvisse solo il piccolo Eitan

La rimozione di una parte della cabina precipitata il 23 maggio

La rimozione di una parte della cabina precipitata il 23 maggio

Stresa (Verbania), 9 novembre 2021 - Una pagina si chiude. Le sei pale portanti del maxi elicottero dei vigili del fuoco sollevano una tonnellata e mezza di rottami che in pochi secondi spariscono all’orizzonte. Cinque mesi e mezzo dopo il crollo della funivia che ha causato la morte di 14 persone e il ferimento del piccolo Eitan, sul Mottarone, quel che restava della cabina n.3 non c’è più. Rimosso dalla montagna per metterlo al riparo dalle intemperie e consentire a periti e consulenti di capire cosa è accaduto lo scorso 23 maggio. "Un momento simbolicamente molto doloroso e difficile", sottolinea il procuratore di Verbania Olimpia Bossi, titolare dell’indagine che entra dunque nel vivo. "Siamo già in una fase avanzata dell’incidente probatorio, in relazione alla difficoltà dell’indagine e dei luoghi sono tempi davvero rapidi", aggiunge il magistrato senza sbilanciarsi sulla possibilità che l’udienza di inizio dicembre venga rinviata per consentire tutti gli accertamenti del caso.

Le operazioni sono scattate al termine di un lavoro di alcune settimane durante le quali la cabina, dopo la messa in sicurezza della zona, è stata sezionata e impacchettata. Più pesante la parte superiore, quella con dentro la testa fusa, il cilindro metallico in cui si innesta il cavo trainante spezzato, ancora conficcata in un tronco. E poi il sistema frenante e il carrello con le ruote. Un secondo velivolo preleva il tetto e il pavimento, mentre la prima parte inizia via terra il suo ultimo viaggio, dal campo sportivo di Gignese al Tecnoparco di Verbania-Fondotoce. "Per noi è un cerchio che si chiude. Adesso la magistratura farà il suo corso e il Mottarone, come giusto, guarderà al futuro", sottolinea il sindaco di Stresa, Marcella Severino.

«Speriamo di estrarre al più presto la testa fusa e cominciare a capire dove si è rotta la fune", è l’auspicio dell’avvocato Marcello Perillo, legale del caposervizio della funivia Gabriele Tadini, l’unico ad essere agli arresti domiciliari. Con lui sono indagate a piede libero altre 11 persone, tra cui Luigi Nerini ed Enrico Perocchio, gestore e direttore di esercizio dell’impianto, che proprio oggi hanno impugnato la decisione con cui il tribunale del riesame di Torino ha disposto per entrambi gli arresti domiciliari. Indagate anche due società, Ferrovie del Mottarone che aveva in gestione la Stresa-Mottarone e la Leitner di Vipiteno, che aveva in carico la manutenzione. E in Trentino la fune che reggeva la cabina dovrà tornare. Il gip di Verbania ha infatti stabilito di far analizzare gli spezzoni dal personale tecnico dell’azienda che l’ha prodotta, inserito anche nei gruppi di lavoro per la stesura di norme in materia di sicurezza sul trasporto a fune e sulle procedure di prova e controllo.