Funivia del Mottarone, Tadini conferma di aver messo il forchettone: pratica abituale

Interrogatori di garanzia nel carcere di Verbania. L'avvocato chiede i domiciliari: "E' distrutto, lo sorregge la fede"

Il pilone della funivia del Mottarone (Ansa)

Il pilone della funivia del Mottarone (Ansa)

Stresa (Verbania) - Il procuratore della Repubblica di Verbania Olimpia Bossi e' arrivata alle 9 in punto al carcere di via Castelli, dove poco dopo sono iniziati gli interrogatori di garanzia dei tre fermati per la tragedia della funivia del Mottarone . Poche decine di metri piu’ in giu’, sul lungolago, Verbania si prepara a vivere la festa della partenza della tappa del Giro d’Italia. Qui, dove gia’ cominciano a fare capolino le prime troupe televisive, anche il gip del tribunale di Verbania, Donatella Banci Bonamici, varchera’ la soglia della casa circondariale: oggi e’ dunque il giorno dell’interrogatorio di garanzia delle tre persone - Luigi Nerini, proprietario di Ferrovie del Mottarone; il direttore dell’esercizio Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini -  che la procura della Repubblica considera a vario titolo responsabili del tragico schianto che domenica e’ costato la vita a 14 persone. 

Tre ore di interrogatorio per Tadini

"Un interrogatorio molto impegnativo duro - ha detto l'avvocato di Tadini - il gip era molto preparato sulla vicenda e ha incalzato il mio assistito. Tadini ha confermato la versione dei fatti già offerta". Ha dunque ammesso di aver messo il forchettone sulla cabina numero 3. "Quante volte? Ogni volta che la centralina dava problemi e c'era il rischio si fermasse la cabina con disagevoli manovre successive di recupero. I forchettoni non venivano messi sempre e non erano fissi. Ha ricevuto l'ordine da Nerini? Non rispondo - le parole dell'avvocato Perillo che contesta la misura della custodia in carcere, perché non ci sono" esigenze cautelative".  Infine Tadini "comprende la gravità di quanto successo. E' provato dopo tre ore di interrogatorio, la fede lo sorregge, non vede i famigliari da quando è stato rinchiuso". Alla fine dell'interrogatorio il difensore ha chiesto gli arresti domiciliari essendoci le condizioni, a suo dire, per concederli.  Secondo "il mio cliente e i consulenti che ho sentito, non è collegabile il problema dell'impianto frenante con la rottura della fune", spiega il legale secondo il quale non c'è il reato di falso - rispetto alle mancate annotazioni sul malfunzionamento dell'impianto - perché l'indagato "non è un pubblico ufficiale". La decisione del giudice è in attesa in giornata.

"Porterò il peso per tutta la vita, sono distrutto perché sono morte vittime innocenti». E'quanto avrebbe detto Gabriele Tadini, al gip Donatella Banci Buonamici,. "Non è un delinquente, non avrebbe mai fatto salire le persone con l'impianto bloccato sapendo che la fune si poteva rompere", ha aggiunto l'avvocato. Inoltre il legale ha aggiunto che la pratica del "forchettone", "non e' in alcun modo collegabile al problema della rottura della fune trainante".

L'inchiesta

Un passaggio cruciale dell’inchiesta che il procuratore Olimpia Bossi ha finora condotto con polso fermo e idee chiare e che in poche ore ha cominciato a dare risposte ai tanti interrogativi che si agitano dentro questo dramma. Intanto anche ieri il lavoro degli inquirenti e’ proseguito senza sosta. Per tutto il pomeriggio i carabinieri hanno sentito i dipendenti della societa’ di gestione: la dottoressa Bossi lo ha ripetuto in piu’ occasioni: se e’ vero che le famose ‘forchette’ - i dispositivi che bloccano l’entrata in funzione dei freni di emergenza - sono state utilizzate ripetutamente dalla fine di aprile per bypassare un malfunzionamento della cabina, tanti tra gli operatori che si sono alternati a far funzionare la funivia avrebbero potuto sapere. E all’accertamento delle altre eventuali responsabilita’ si lavora negli uffici della procura, affacciati sulla spianata di asfalto del grande parcheggio di un centro commerciale. 

Da capire fino in fondo anche le posizioni dei tre in carcere: quali sono i livelli di responsabilita’? Sono identici per tutti? Tutti temi sui quali le difese, pur nella grande riservatezza, hanno cominciato a lasciare intravedere alcuni distinguo. Parallelamente si stanno approfondendo gli aspetti tecnici, per rispondere ad una ulteriore domanda cruciale: perche’ il cavo trainante si e’ spezzato? Su questo la procura si aspetta risposte notizie dal perito, il professor Giorgio Chiandussi del Politecnico di Torino, al lavoro sul campo da 48 ore. L’interrogatorio di questa mattina e’ uno snodo essenziale per il prosieguo dell’indagine. Lo sanno molto bene i difensori degli indagati che ieri hanno fatto la spola tra la procura e il carcere, e che oggi torneranno qui, svelando davanti al gip la loro strategia processuale. Impossibile immaginare i tempi dell’interrogatorio, che comunque non sara’ breve. 

 Per tutti la Procura chiede il carcere sostenendo sia l'ipotesi di fuga, che il possibile inquinamento probatorio e la reiterazione del reato. L'avvocato Marcello Perillo che assiste Tadini chiederà, invece, gli arresti domiciliari di fronte a dichiarazioni genuine, a suo dire, che il dipendente 63enne è pronto a ripetere. Nessuna certezza sulle scelte difensive degli altri due indagati, potrebbero negare di essere a conoscenza dell'uso del 'forchettone', né se chiederanno di lasciare il carcere.  Nella richiesta di convalida emerge inoltre che Tadini è indagato per falso, ha ammesso che il giorno del disastro e quello prima non ha annotato nel registro giornale la presenza di un "rumore riconducibile alla presumibile perdita di pressione del sistema frenante della cabina, che si ripeteva ogni 2-3 minuti", per ovviare al quale decide - poco dopo le 9 di domenica mattina - di lasciare inseriti i forchettoni rossi.

La Procura lavora all'ipotesi che le alterazioni di atti pubblici siano ben più numerosi e che ci sia un "coinvolgimento" anche degli altri due fermati nel falsificare gli atti sulla sicurezza.  Al termine degli interrogatori di convalida il gip Donatella Banci Buonamici si riserverà, con ogni probabilità, sulla scelta di lasciarli in carcere prima di comunicare alle parti, a stretto giro, la sua decisione. "E una cosa allucinante, sono morti anche dei bambini a cui è stata strappata la vita. Io sono garantista ma se colpevoli gli devono dare l'ergastolo", dice un cittadino che davanti al carcere tiene tra le mani il cartello 'Se colpevoli ergastoli'. A pochi passi dall'ingresso del carcere, sulla ringhiera di una scuola c'è un lenzuolo 'Un abbraccio al piccolo Eitan da tutti noi'. L'unico sopravvissuto alla tragedia è ricoverato all'ospedale infantile Regina Margherita di Torino.

Il primo dei legali dei fermati per il disastro della funivia del Mottarone ad arrivare al carcere di Verbania, attorno alle 9.30, è stato l'avvocato Pasquale Pantano che difende Gigi Nerini, il titolare della societa' di gestione dell'impianto. Entrando nella casa circondariale non ha rilasciato dichiarazioni.