Covid, 10mila morti in tredici mesi: la pandemia uccide, ma sempre meno

Raggiunta quota 40mila. Nel 2020 furono 15mila i decessi fra marzo e l’8 maggio, 30mila il totale a fine marzo 2021

Covid

Covid

Milano, 4 maggio 2022 - ​Era il 23 marzo del 2021 e il drammatico contatore ufficiale delle vittime del Covid in Lombardia sfiorava la soglia, psicologica e simbolica, dei trentamila decessi. Il 2 maggio 2022 la cifra è più alta di 10mila unità. Diecimila vite spezzate dal virus che oggi con le riaperture, con l’eliminazione del green pass per la gran parte delle attività sembra quasi essere un ricordo. Dati ufficiali spesso contestati. Perché una revisione dei casi ha convinto l’Istituto superiore di sanità a ricalcolare i decessi come sovrastimati del 10%, mentre per paradosso l’Istat, nel periodo del 2020, al massimo della potenza del Sars-Cov2, stimava un anno fa, quando i decessi erano 30mila, seimila vittime in più non classificate come causate dal Covid rispetto alla media di un anno normale. Tutto frutto dei dati di anagrafe.

Al di là delle oscillazioni e delle stime sull’attendibilità precisa del calcolo, la cifra ufficiale, la rapidità con cui i decessi crescono o rallentano, restano però una cartina di tornasole sull’aggressività della malattia e sulla sua diffusione nel territorio. Tredici mesi fa, quando si superava la soglia dei 30mila, si viaggiava ancora al ritmo di 90-10 vittime al giorno. Ieri, invece, erano 22. Il confronto fra la situazione di maggio 2021 e quella di ieri è, ancora una volta, tutta nell’effetto vaccini. Il 23 marzo di un anno fa, infatti, si contavano 7.165 ricoverati, di cui 213 in Rianimazione. Il bollettino regionale, invece, registrava ieri 1.176 ricoverati, di cui 34 in Terapia intensiva. Numeri che fanno la differenza fra la zona rossa e una relativa tranquillità, specie se si tiene conto dei contagi quotidiani. Il giorno in cui superammo i 30mila decessi si contavano 3.643 tamponi positivi, ieri 9.590: quasi seimila in più.

In sintesi: oggi abbiamo molti più positivi, molti meno malati ricoverati in reparti ordinari e in Terapia intensiva, e soprattutto decessi ridotti a un quinto. Lontani i tempi in cui, specie nelle aree della Bergamasca e della Bassa Lodigiana, i decessi erano tanti da non poter essere attribuiti con certezza al virus. Al punto di registrare un +36% di decessi nel confronto fra 2020 e la media fra 2015 e 2019: da 99mila morti a 136mila, 36mila in più. Di questi 16mila soltanto a marzo, 8mila ad aprile e 5mila a novembre. I mesi della prima e della seconda ondata. Tutto questo ormai è archiviato. Ma la vigilanza resta alta, anche in vista dell’autunno, quando la ripresa dei contagi e l’ipotesi di nuove varianti potrebbe tornare a creare problemi.