Migranti in Italia: i numeri, il ruolo delle Ong e il ricollocamento in Europa

Come funziona l’accordo di Dublino, quanti sono gli stranieri, da dove vengono e perché il meccanismo europeo è destinato ad aggravare i problemi

La gestione dei flussi migratori in arrivo dal Mediterraneo è destinata inevitabilmente a generare conflitti tra i Paesi mediterranei, come l’Italia, e gli altri Stati europei. Il numero di migranti che cerca di arrivare in Unione europea attraverso il mare sta aumentando da quattro anni e, per come è strutturato il meccanismo di gestione comunitario, la gestione dei flussi rimane un problema quasi esclusivo dei Paesi di prima accoglienza.

In Italia, a fronte di quasi 90 mila migranti accolti nel 2022 soltanto 117 sono stati ricollocati in Unione europea. Ovvero lo 0,12 per cento. I centri d’accoglienza nazionali sono sovraffollati e nell’hotspot di Lampedusa ci sono quasi 1.500 persone rispetto a una capienza prevista di 400 posti.

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni sta chiedendo all’Europa un aiuto concreto nella gestione del fenomeno e, per dare una misura economica alla questione, nel 2020 lo Stato italiano ha speso circa 1,3 miliardi di euro per l’accoglienza. Quello stesso anno dal Fondo europeo per la migrazione sono arrivati appena 55 milioni.

 

Cos’è l’accordo di Dublino sui migranti

In Europa, l’accoglienza di migranti extracomunitari è regolata dal regolamento Dublino III, in vigore dal 2014. Il regolamento prevede che lo Stato di primo approdo del migrante è quello che si deve occupare dell’accoglienza e della relativa richiesta d’asilo. Questo sistema, di fatto, genera pressione soprattutto sui Paesi di confine, come l’Italia.

 

Come funziona il ricollocamento dei migranti

Oltre al regolamento di Dublino, il 22 giugno di quest’anno 18 dei 27 Paesi dell’Unione europea (più Norvegia, Svizzera e Lichtenstein) hanno firmato un accordo per il ricollocamento dei migranti. Questo documento prevede che ogni anno 10 mila richiedenti asilo arrivati in Italia, Grecia, Spagna, Malta e Cipro vengano accolti dai 18 Paesi firmatari. Il meccanismo è definito come “temporaneo e volontario” e, in alternativa all’apertura delle frontiere ai migranti, i governi possono scegliere di versare contributi finanziari ai Paesi di prima accoglienza.

Benché l’accordo sia stato presentato come un passo avanti nella gestione migratoria, da quando è stato firmato solo tre Paesi hanno espresso in una cifra precisa i migranti che sono disposti ad accogliere: la Francia 3.500, la Germania 3.500 e l’Irlanda 350. Inoltre, delle altre 18 nazioni firmatarie soltanto 10 stanno rispettando gli impegni.

Persino la portavoce della Commissione europea Anita Hipper ha ammesso che “il meccanismo funziona male e resta sulla carta”. Dal 22 giugno, ha spiegato, “su 8mila offerte di ricollocazione, solo 38 migranti hanno accettato di andare in Francia e 74 in Germania”. Dopo il testa a testa tra Italia e Francia sugli 234 migranti della Ocean Viking – poi sbarcati a Tolone – Parigi ha detto che non accoglierà i 3.500 migranti che si era impegnata ad ospitare e ha invitato gli altri Paesi a fare lo stesso.

 

I migranti in Europa e la solidarietà limitata

L’accordo firmato a giugno si è dimostrato, alla prova dei fatti, inapplicato. Ma per molti osservatori la questione centrale è che, anche se fosse applicato, sarebbe comunque insufficiente. I 10 mila migranti previsti per il ricollocamento sono appena il 7,5 per cento delle oltre 133 mila persone sbarcate nel 2022 sulle coste di Italia, Grecia, Spagna, Malta e Cipro. Una percentuale quasi simbolica.

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha riassunto la situazione dichiarando che “la solidarietà europea viene sbandierata ma l'Italia ha affrontato finora questo problema da sola e il nostro sistema di accoglienza è in gravissima difficoltà. È evidente quindi che l'Italia non potrà dare la propria adesione a soluzioni per un Patto europeo non adeguatamente bilanciato tra misure di solidarietà e di responsabilità”.

 

Il ruolo delle navi delle Ong nel salvataggio dei migranti

Quest’anno si stima che siamo morti almeno 1.747 tra uomini, donne e bambini tentando di attraversare il Mediterraneo. Questo numero, se confrontato all’aumento di sbarchi in Europa, è più contenuto rispetto al passato anche grazie all’intervento delle navi delle Organizzazioni non governative (Ong), che hanno salvato nel 2022 circa 7.750 migranti (circa il 6% del totale).

Diversi politici, tra cui lo stesso ministro dell’Interno Piantedosi, sostengono le navi della Ong “sono un fattore di attrazione per i migranti”. Tuttavia, secondo diversi studi condotti tra il 2019 e il 2020 non esistono prove del fatto che l’attività delle Ong porta a un aumento degli arrivi dei migranti (il cosiddetto pull-factor).

In particolare, uno studio dell’Ispi e dell’Università di Leiden ha mostrato le uniche variabili che tra il 2014 e il 2020 hanno condizionato le traversate dei migranti sono le condizioni meteo e il livello di instabilità politica nei Paesi di partenza. Gli autori concludono dicendo che la “tesi del pull-factor, sebbene sia molto diffusa e abbia avuto un ruolo chiave nel delegittimare le Ong, non è supportata dai dati”.

 

Chi sono i migranti e da dove vengono

La maggior parte dei migranti che attraversano il Mediterraneo provengono dall’Africa e dal Medio Oriente e spesso percorrono a piedi diverse migliaia di chilometri prima di arrivare sulla costa. Tra le persone arrivate in Italia quest’anno, circa un quinto proviene dall’Egitto (22%), seguono la Tunisia (20%), il Bangladesh (15%), la Siria (8%) e l’Afghanistan (8%). Un quarto di loro sono uomini, ma ci sono anche migliaia di donne, bambini e minori non accompagnati.

I migranti sono spesso suddivisi tra “richiedenti asilo”, ovvero coloro che scappano dalla guerra e persecuzione politica, e “migranti economici”, ovvero coloro cercano invece benessere e migliori prospettive di vita. I primi godono di protezione e hanno il diritto – garantito dal diritto internazionale e dalla Costituzione italiana – ad essere accolti, mentre i secondi no.

A livello morale, tuttavia, alcuni studiosi sottolineano come entrambe le formule siano in realtà due facce – guerra e fame – della stessa medaglia. In parte, infatti, le condizioni economiche sfavorevoli di molti Paesi sono legate anche alla condotta occidentale.

Da una parte la geopolitica ha spinto in passato – e talvolta ancora spinge – alcuni governi a destabilizzare o intervenire militarmente nei paesi considerati strategici, generando conflitti locali o guerre. Dall’altra parte le imprese occidentali sono accusate spesso di chiudere un occhio sullo sfruttamento dei lavoratori e delle risorse dei paesi più poveri.

 

Le violazioni di diritti umani nei campi in Libia

Nel 2017, il governo di Paolo Gentiloni (del Partito democratico), si accordò con il governo e le milizie libiche per fermare i flussi di migranti in Libia. L’accordo prevede che lo Stato italiano finanzi e fornisca supporto alla guardia costiera libica per sorvegliare il Mediterraneo, intercettare i barconi dei migranti e riportarli all’interno di campi di raccolta.

Negli anni, questo accordo, denominato memorandum Italia-Libia, è stato rinnovato da ogni governo italiano. Nel frattempo, numerose inchieste e indagini internazionali hanno rivelato una rete di torture, stupri e violenze a danno di migranti e profughi: crimini perpetrati dalle stesse autorità finanziate dal governo italiano. Le Nazioni Unite hanno definito il patto “disumano” e l’Alto commissario per i diritti umani disse che “la sofferenza dei migranti detenuti nei campi in Libia è un oltraggio alla coscienza dell’umanità”.