Sos medici di base in Lombardia. Fuga dai concorsi: nove posti liberi per ogni candidato

E ora la Regione ci riprova: parte una chiamata per 922 posti A breve gli incentivi per andare nelle zone meno attrattive

Medico di base (foto d'archivio)

Medico di base (foto d'archivio)

Milano - All’Ats Metropolitana di Milano hanno finito i colloqui il 4 agosto, selezionando 31 nuovi medici di base idonei e consenzienti su 40 domande pervenute a fronte di 246 posti banditi tra il Milanese e il Lodigiano alla seconda riapertura dei termini del bando annuale per coprire gli "ambiti carenti" di medici di famiglia: se ne cercavano 939 in tutta la Lombardia, ma di candidature ne sono arrivate appena 103. Un aspirante ogni 9 posti, e al netto dell’accettazione finale. Appena tre venivano da fuori regione, ma uno di loro ha accettato il Giambellino dove l’anno scorso erano scattati presidi e petizioni, così non c’è più il vincolo ad aprire l’ambulatorio in quel quartiere milanese, nell’imminente terza riapertura del bando di marzo: mercoledì 21 settembre, c’è tempo fino all’11 ottobre per concorrere a 922 posti da medico di base offerti in Lombardia.  L’Ats di Milano e Lodi ne mette in palio 266, esercitando su 23 il vincolo a stabilirsi in quartieri, piccoli comuni o frazioni poco appetiti all’interno dei rispettivi "ambiti" (che hanno l’ampiezza di comuni, gruppi di comuni o Municipi). Va peggio alle Ats di Brescia (50 posti vincolati su 107 banditi), della Brianza (55 vincoli su 104 incarichi), della Valpadana (62 su 127); l’Ats della Montagna ha vincolato addirittura 30 posti su 31. Complessivamente sono vincolati 239 posti, più di uno su quattro.

«Attenzione, non significa che in Lombardia manchino 922 medici di medicina generale - avverte Galdino Cassavia, dell’unità Rete territoriale della Direzione regionale Welfare -: il bando si basa sul rapporto “ottimale” di un Mmg ogni 1.300 abitanti", mentre un massimalista può arrivare, salvo deroghe, fino a 1.500. Ma resta la carenza, che riguarda tutta l’Italia, e si aggrava man mano che pensionamenti e cessazioni per altri motivi dei medici di base (dei 168 che hanno lasciato l’incarico a gennaio in Lombardia, solo 96 avevano tra 65 e 72 anni) non vengono compensati da un bacino di nuove leve decimato da decenni di numeri chiusi a Medicina e razionamenti delle borse di studio per il corso di formazione post laurea (non universitario, gli importi sono più bassi rispetto alle borse di specializzazione), nelle quali solo negli ultimi anni Stato e Regioni hanno ripreso a investire. Intanto, 2.270 medici di base in Lombardia hanno superato i sessant’anni: vuol dire che entro i prossimi dieci anni potrebbe andare in pensione o prepensionamento il 39% dei circa 5.700 in servizio al 19 luglio, di cui 356 avevano un incarico provvisorio.

I termini del bando di marzo, spiega Cassavia, sono stati riaperti tre volte anche l’anno scorso; a luglio serviva a intercettare medici che hanno da poco terminato il corso triennale, adesso si punta ai dottori ancora in formazione, che da qualche mese in Italia possono arrivare fino a mille assistiti, rispetto ai 650 di prima. Su circa 300 corsisti già titolari di un posto da medico di base in Lombardia, più dell’80% ha accettato di arrivarci. "Poi valuteremo se fare a dicembre un bando straordinario riservato ad alcune zone in grande carenza, come l’anno scorso - conclude Cassavia –. Il problema è soprattutto lì". Pezzi di quartiere, da Bergamo Alta alla periferia Sud di Milano, frazioni o paesini dall’hinterland alla Valtellina, dalla Brianza al Basso mantovano che restano sguarniti di vincolo in vincolo e di bando in bando, perché i dottori, che sono già pochi, proprio non ci vogliono andare.

L’assessorato regionale al Welfare di Letizia Moratti ci ha lavorato tutta l’estate, chiudendo, in agosto, un accordo con i sindacati dei medici di base che dovrebbe essere a brevissimo ratificato in Giunta. Prevede, tra l’altro, 1,8 milioni di euro di incentivi per dare 7.200 euro in più all’anno a chi apre un ambulatorio in una zona "disagiata", e 24mila a chi accetta un’area "disagiatissima", ad esempio per la "impervia localizzazione" ma anche per "le condizioni di isolamento e sicurezza" o l’"elevato costo degli affitti".