Dal Mago G al Lavegin d'Or: l'epopea di Mario Galbusera

Aveva 94 anni, non ha mai lasciato la Valtellina: "Delocalizzare? No, voglio qualità"

Il Mago G

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Cosio Valtellino, 25 aprile 2018 -  Nel 2006, quando l’azienda dolciaria aprì le porte alla stampa per illustrare le strategie e inaugurare le due nuove linee dedicate alla lavorazione dei biscotti, portando così a nove il numero complessivo delle unità produttive presenti nello stabilimento di Cosio Valtellino, il “signor Mario”, come amabilmente lo chiamavano i suoi circa 400 dipendenti che conosceva uno a uno, era ancora in pista. In mezzo a loro, ogni mattina, sin dai primi turni mattutini lavorativi, girava fra i reparti, spesso in sella a una piccola bicicletta per meglio muoversi e dispensare i suoi consigli, in particolare ai nuovi assunti, i più giovani. E proprio loro oggi piangono Mario Galbusera, l’industriale del biscotto che si è spento lunedì sera, alla soglia dei 94 anni che avrebbe compiuto a giugno.

Dua anni fa, in occasione del conferimento del premio il “Lavegin d’Or” da parte dell’Associazione valtellinesi a Milano, galbusera pronunciò l’ultimo discorso ai suoi collaboratori in fabbrica. «Il personale è fondamentale per il successo di un’impresa - dichiarò l’8 giugno di 12 anni fa -. Se dovessero dirmi: “Devi licenziarne uno”, non saprei chi. Sono molto affezionato ai miei operai». Ma anche loro erano affezionati a lui. L’altra sera, attorno alle 19.30, è stata comunicata alle maestranze la morte del fondatore della fabbrica oggi leader a livello nazionale sul mercato dei prodotti da forno, innanzitutto nel segmento salutistico. Fu sempre lui, dopo un viaggio di lavoro negli Stati Uniti, a sposare il moderno linguaggio della comunicazione pubblicitaria e a inventare il “Mago G”. Che imperversava, con le sue avventure, nei Caroselli tv di allora, incantando frotte di bambini. Tra i suoi dipendenti ce n’è stato anche uno diventato famoso per la sua successiva attività: Enrico Beruschi che, a un certo punto, dovette scegliere fra il lavoro in ufficio alla Galbusera e quello di cabarettista, optando per il palcoscenico, ma restando sempre affettivamente legato al “sciur Mario”, divenendo anche protagonista di alcune indovinate campagne pubblicitarie.

Il cavalier Mario in quell’incontro di anni fa con i cronisti spiegò i segreti di un successo iniziato nel lontano 1938, quando iniziò a muovere i primi passi nella pasticceria di papà Ermete. «È stato lui  il mio primo maestro - confessò -. Ma sin da giovanissimo mi ero posto l’obiettivo di trasformare la pasticceria artigianale di mio padre in un’attività industriale. Nel 1949 con mio fratello Enea ho aperto uno stabilimento a Morbegno. Poi, grazie all’aumento della produzione e all’incremento del fatturato, decisi di costruirne uno più grande qui a Cosio Valtellino, dove nel 1966 fu trasferita l’attività. Ma anche nelle successive espansioni non abbiamo mai alterato le caratteristiche originarie dei prodotti».

Oggi “Galbusera Spa” è un brand conosciuto in tutto il mondo. Anche nel 2006 c’era il tema scottante della delocalizzazione all’estero di tante imprese, magari in Stati dove la manodopera costa meno. «Ci avete mai pensato?», domandammo a Mario Galbusera che, oggi, ancora, ricopriva la carica di presidente onorario. E lui, deciso: «Abbiamo cercato di contenere i costi introducendo la meccanizzazione, la robotica. Ma è impossibile affidarsi all’estero, non potremmo fare la produzione così accurata come la fa il nostro personale, quasi interamente valtellinese e valchiavennasco».