Storie di mamme lavoratrici, "Il part-time uccide la carriera"

"Per me è stata una scelta obbligata, con due figli piccoli anche adesso mi trovo a fare i salti mortali"

Inchiesta de Il Giorno

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Milano, 5 dicembre 2019 -  «Per me il part-time è stata una scelta obbligata, con due figli piccoli anche adesso mi trovo a fare i salti mortali». Nefertiti Baldelli, 35 anni, lavora nel negozio della catena di abbigliamento Zara di Bergamo. Con 18 ore di lavoro alla settimana porta a casa uno stipendio di circa 900 euro al mese. Condizioni «migliori rispetto a quelle di altri», anche se il problema nel suo caso sta a monte, nella mancanza di un sistema che consenta a una donna di accudire i figli e lavorare.

Con la richiesta del part time che, in molti casi, mette una pietra tombale sulla carriera. «Mio marito lavora in un'azienda chimica su turni con orari diversi – racconta – che si conciliano poco con i miei ritmi, tra chiusure e lavoro nei festivi. Abbiamo due figli, di un anno e mezzo e quattro anni e mezzo. La gestione non è semplice, per fortuna ci danno una mano i nostri familiari». Zara a Bergamo è un'azienda quasi tutta al femminile.

Su 30 dipendenti, solo due sono maschi. Per questo le questioni legate alla maternità hanno un maggior peso, sull'organizzazione aziendale, rispetto ad altre realtà. «Per ora hanno cercato di venire incontro alle neomamme – prosegue Nefertiti – ad esempio nel primo anno di vita del bambino si fanno orari di chiusura, stando al lavoro fino alle 20.30, solo un giorno alla settimana. Poi non ci sono stati particolari problemi nella concessione del part-time». Commesse più giovani vengono inserite a tempo pieno, mentre le mamme sono costrette a rallentare i ritmi (e a cedere una fetta del loro stipendio) per trovare ossigeno per affrontare la corsa a ostacoli della cura dei figli piccoli, in un sistema che ancora non tiene conto della popolazione, in continuo aumento, che segue orari di lavoro inusuali, di sera o nel fine settimana.