Arte e mestiere: ecco i maestri lombardi

Antichi saperi e innovazione, ma sempre al top: un riconoscimento da Fondazione Cologni a 57 ”Mam“ di diversi settori

Cerea

Cerea

Milano -  Per una volta hanno dovuto superare l’innata timidezza dei bravi artigiani e prendersi il palcoscenico che meritano. E così, ieri, al Teatro Litta di Milano sono arrivati in tanti a celebrare i Mam, i Maestri d’arte e mestiere, specie poco protetta nel Belpaese contrariamente a quello che capita ad esempio in Francia dove premiarli è un affare di Stato. Poco male. Ancora una volta, è stata la Fondazione Cologni a rimediare, una supplenza che è diventata l’occasione per mettere sotto i riflettori i custodi di un artigianato artistico eccellenza dell’Italia nel mondo, che rivela la straordinaria capacità di creare capolavori nei settori più disparati, dalla ceramica alla gioielleria, dalla profumeria alla sartoria. Con 57 protagonisti convocati per ricevere una fusione in bronzo realizzata dagli allievi della Scuola dell’Arte della Medaglia. Nomi noti e meno noti. Con Milano e la Lombardia a sfoggiare una folta schiera di neo-maestri d’arte: la costumista Luisa Spinatelli, il ceramista Guido De Zan, la restauratrice Milena Gigante, poi Anita Cerrato, che s’ispira alla tecnica nipponica delle "preziose cicatrici" e la giapponese Natsuko Toyofuku che crea gioielli in un atelier di corso Como.

Senza scordare la merlettaia di Gorgonzola Maria Teresa Bergamaschi, il comasco Lorenzo Pusterla, con la lavorazione artistica delle pietre, il varesino Roberto Rettani, restauratore di auto storiche e il liutaio mantovano Guido Mariotto. Nel dream team anche 13 nuovi maestri nell’ospitalità e nell’enogastronomia, invitati a ricevere il riconoscimento promosso dalla Fondazione di Franco Cologni in collaborazione con Alma, Scuola Internazionale di Cucina Italiana: tra gli altri, la famiglia Cerea che nella Bergamasca tiene in vita il "Da Vittorio"; il mastro panificatore di Laveno Mombello (Va) Piergiorgio Giorilli; e i coniugi Moroni che a Milano hanno creato il locale "Aimo e Nadia", icona della ristorazione. I protagonisti del premio Mam hanno risposto ai complimenti regalando alla platea una consegna precisa: fare e fare bene. Come dire: meno parole, più fatti. Perché per i maestri d’arte, la vita vera non è una parata. È e resta un’impresa.

Dalla Treccani alla Scala: Spinatelli, la scenografa di Strehler e Carla Fracci

Luisa Spinatelli
Luisa Spinatelli

Il suo nome è citato perfino nell’enciclopedia Treccani. E che questa scenografa e costumista milanese sia un personaggio, ancorché privo di ogni vanità, è fuor di dubbio. Lo dicono la sua storia e la reputazione che si è guadagnata nel corso degli anni, a partire dal lontano 1965 quando si era già segnalata come «la più giovane artista artigiana della Scala». Della serie: una vita tutta da conoscere, quella di Luisa Spinatelli, classe ’41 e studi di Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove peraltro ha poi insegnato metodologia della progettazione per lo Spettacolo. Il suo debutto ufficiale nel ’65 proprio alla Scala per la «Francesca da Rimini» con Carla Fracci. Come assistente di Ezio Frigerio ha avuto modo di collaborare con Giorgio Strehler. Nel ’76, ha debuttato come prima donna scenografo all’Arena di Verona con lo «Schiaccianoci». Nella prosa, sono certamente da ricordare alcuni suoi lavori al Piccolo Teatro e al Teatro Studio di Milano ma anche all’Odeon di Parigi. Per la lirica, memorabili alcuni suoi interventi per l’Aida nel 1987 e per la Carmen nel 1984. Nel 1990 ha vinto il Premio Quadrivio, riconoscimento motivato con apprezzamenti espliciti per la «raffinatezza delle sue creazioni» e per la sua «ricca creatività di indiscutibile valore artistico». Nel campo del balletto, settore nel quale si è specializzata, ha ricevuto numerosi riconoscimenti sia in Italia che all’estero, lavorando in decine di produzioni e nei più prestigiosi teatri della scena internazionale. Il magico regno di Luisa Spinatelli è a Milano in via Ascanio Sforza 87/a, lungo le sponde del Naviglio Pavese, paesaggio urbano che non a caso ha una sua scenografica suggestione. 

Cerea, «l’happy famiglia» con una pioggia di stelle sui tavoli del Da Vittorio

Cerea
Cerea

lluminante era stato anche il prestigioso «Financial Times», il 9 giugno 2007, sparando a tutta pagina il titolo anglo-italiano «One big happy famiglia» per raccontare ai lettori della City quanto fosse sorprendente la storia della «grande famiglia felice» in quel di Brusaporto, minuscolo paesino alle porte di Bergamo dove la leggenda del ristorante «Da Vittorio» stava imponendosi come l’eccellenza assoluta dell’alta cucina italica. Proprio come avrebbe voluto il fondatore, papà Vittorio, che nel ’66 l’aveva aperto nel cuore di Bergamo Bassa, dopo avere incontrato l’amata signora Bruna (poi diventata sua moglie) e avere preteso di proporre del pesce di mare ad un mondo orobico per tradizione e mentalità «molto terrestre». Tant’è. Gli anni sono passati e papà Vittorio non c’è più. Ma la signora Bruna e i 5 fratelli Cerea, Chicco, Rossella, Bobo, Francesco e Barbara, hanno ripreso il suo progetto (seppure spostandolo a pochi chilometri di distanza dalla location iniziale), facendo del «Da Vittorio» una sorta di perla nazionale dell’accoglienza, del catering e dell’alta cucina, con 3 stelle Michelin a Brusaporto, 2 stelle al «Da Vittorio» di St.Moritz e altrettante a quello di Shanghai, senza contare l’apertura del «DaV» presso lo Splendido Mare di Portofino, della Locanda Cavour a Bergamo e prossimamente di un altro ristorante a Saigon in Vietnam. Ieri, al Teatro Litta, a ritirare il premio assegnato ai Maestri d’Arte e Mestieri sono stati mamma Bruna e la figlia Rossella. E alla platea dei nuovi MAM è bastato ascoltare il nome «Cerea» per salutare la consegna del riconoscimento con un applauso rumoroso. E commovente.

Se un abito è d’autore: Milena, un Gigante delle collezioni tessili

Milena Gigante
Milena Gigante

Un’autentica étoile anche nel cielo stellato dei 57 Maestri d’Arte e Mestieri che ieri si sono presi la scena a Milano, al Teatro Litta di corso Magenta. Barese di nascita ma milanese d’adozione, Milena Gigante ieri si è guadagnata il prestigioso riconoscimento di Mam dalla Fondazione Cologni per la sua attività nell’ambito del restauro e della conservazione del tessile, ovvero nel ridare vita a capi di abbigliamenti e costumi di grande valore ma destinati irrimediabilmente ad andare perduti. Non poco. E il dono di dare una seconda vita a tutto è un’assoluta specialità di questa 44enne che lavora presso Open Care – Servizi per l’Arte di via Piranesi 10, importante società che si occupa appunto della conservazione, della gestione e della valorizzazione di opere e collezioni d’arte. Di Milena vanno citati alcuni lavori di grande competenza: tra gli altri, l’intervento sul velo funebre adagiato delicatamente sul volto del cardinale Branda Castiglioni, porporato morto nel febbraio del 1443 e successivamente conservato presso il Museo della Collegiata di Castiglione Olona. Non solo. Come molti suoi colleghi di Open Care, Milena Gigante è accreditata dal Ministero della Cultura all’esercizio della professione di restauratrice. Dal 2011 ha la direzione tecnica del Laboratorio di restauro dei tessili di Open Care, laboratorio che collabora stabilmente con musei, soprintendenze, istituzioni pubbliche e collezionisti privati. I grandi terreni in cui si muove: la tutela, la conservazione, l’immagazzinaggio e l’allestimento espositivo di manufatti tessili. Un mondo. Il suo.