Covid Lombardia: "Arancione tecnico, in zona rossa fino al 27 novembre"

Fontana: "Siamo sul plateau, se i dati restano quelli di venerdì scorso o migliorano tra una settimana potremmo chiedere allentamenti"

Il governatore leghista della Regione Attilio Fontana, 68 anni

Il governatore leghista della Regione Attilio Fontana, 68 anni

Milano, 19 novembre 2020 - La Lombardia , entrata in zona rossa venerdì 6 novembre, "dal punto di vista tecnico è già zona arancione dallo scorso venerdì", ha ricordato ieri il governatore Attilio Fontana. Il monitoraggio che ha assegnato alla nostra regione le misure di contenimento più stringenti previste dal Dpcm dell’Italia a colori si fondava infatti sulla settimana 19-25 ottobre; la rivalutazione della cabina di regìa ministeriale in base ai dati della settimana 2-8 novembre l’ha ricollocata nella fascia di rischio intermedia. "Ma il Dpcm - ha chiarito Fontana - impone che una volta che i numeri siano tali da consentire il passaggio da una fascia all’altra, per due settimane questi indicatori vengano mantenuti o migliorati" prima del cambio di colore. Tradotto: "Fino al 27 novembre noi saremo in zona rossa. Se i numeri e gli indicatori dovessero essere quelli di oggi, quelli di venerdì scorso o anche migliori, dal 27 novembre potremmo ambire a chiedere che la Lombardia esca dalla zona rossa, che le misure vengano allentate e siano applicate quelle della zona arancione – ha spiegato il governatore –. Siamo arrivati in cima al plateau , adesso siamo in una fase in cui camminiamo in pianura e presto inizierà la discesa". Intanto i sindaci di Lodi e Brescia chiedono di rivedere le regole con la speranza di uscire prima dalla zona rossa, mentre il primo cittadino di Varese, che anche ieri aveva 1.683 nuovi contagiati dal coronavirus nella provincia, invoca: "Per favore nessuno chieda di allentare, non a Varese, non ora".

Divergenze di vedute figlie dell’inversione delle parti in questa fase 2, con le province dell’Est lombardo falcidiate dalla prima ondata che oggi sono chiamate a restituire l’aiuto dato loro in primavera da Milano, dalla Brianza e da Varese in personale e letti: l’ospedale degli Alpini di Bergamo sta aprendo 50 posti ordinari (30 già da lunedì) da aggiungere a quelli di terapìa intensiva gestiti in Fiera dal Papa Giovanni XXIII con la collaborazione del Civile di Brescia e di altre strutture delle due province. Alla Fiera di Milano i ricoverati in terapia intensiva ieri erano 57 su quattro moduli: le previsioni più fosche, di arrivare a 90 entro la fine di questa settimana, non si sono ancora avverate. Ma al Policlinico (che ha anche la regìa del Portello) i ricoverati per Covid erano ancora 22 in terapia intensiva e 339 in tutto: sulla cima del plateau è presto per cantar vittoria, anche perché in Lombardia il Covid ieri ha ucciso altre 182 persone e occupa 8.323 letti nei reparti e 903 in terapia intensiva, cioè oltre il 70% dei letti strutturali di rianimazione previsti dal piano pandemico (1.254) senza attivare quelli “trasformabili“ che porterebbero la capienza a 1.800.

Infatti a rendere arancione la Lombardia è il fronte dei contagi: Milano, che la settimana scorsa aveva superato i quattromila nuovi casi al giorno nella provincia, da tre giorni non oltrepassa i 2.600, e i mille in città. È anche vero che, con le superiori in didattica a distanza da più di due settimane, i tamponi scolastici che alimentavano il testing hanno rallentato: pur essendo arrivato a una capacità quotidiana di oltre 55mila, da venerdì il sistema di sorveglianza regionale carica meno di 39mila tamponi al giorno. Ma almeno uno su cinque risulta positivo. Giambattista Anastasio