Sanità Lombardia, Sos personale: mancano 9.000 infermieri e i medici sulle ambulanze

Carenze di operatori sia negli ospedali, sia nella rete di case di riposo e centri di cura. Turni scoperti nella gestione delle emergenze: in Valtellina e Alto Lario il record di 380 ore

"Cari italiani cercate di non ammalarvi perché presto non ci saranno più medici per curarvi". Una provocazione che è anche un grido di dolore quella che arriva dal sindacato dei medici Federazione Cimo-Fesmed. Il consiglio? "Se potete permettervi un’assicurazione sanitaria iniziate ad informarvi su come acquistarla. E se non potete permettervela cercate di mettere comunque da parte dei risparmi per quando dovrete fare delle analisi, una visita specialistica o una lastra". Scritta all’indomani dell’approvazione della nota di aggiornamento del Def, la lettera denuncia come la spesa sanitaria sarà ulteriormente ridimensionata, scendendo a una percentuale di Pil inferiore ai livelli pre-Covid.

"Dove sono i medici per far funzionare le case di cura e gli ospedali di comunità, se oggi ai medici di medicina generale viene chiesto di seguire 500 pazienti in più rispetto ai 1.500 previsti?", chiede il presidente lombardo della Federazione Cimo-Fesmed Giuseppe Ricciardi. Le carenze toccano tutto il mondo della sanità. Il 15 novembre, ad esempio, scadrà l’avviso di Regione Lombardia per medici di emergenza territoriale del 118 che coprano le 380 ore vacanti in Asst Valtellina e Alto Lario, 190 in Asst Mantova, 76 in Asst Spedali Civili di Brescia e Asst Cremona. Sul fronte infermieri, si stima che ne manchino 9mila in regione, di cui 4mila negli ospedali. "La carenza di medici è evidente soprattutto nei Pronto soccorso e nei piccoli ospedali. Il Pnrr destina molti fondi alla sanità, ma sono per comprare strumentazioni, non per assumere medici che comunque, a causa di una cattiva programmazione delle specializzazioni, non ci sono. Vero che le borse sono state aumentate, ma ci vogliono 7-8 anni per la formazione".

Intanto i Pronto soccorso diventano il punto di riferimento a cui tutti si rivolgono, anche per accorciare i tempi di visite ed esami. "Ma il personale è esausto, sono scontenti dei turni massacranti – sottolinea Ricciardi – della cattiva gestione, di dover rischiare pure di essere malmenati. Ovvio che appena possono se ne vanno, in pensione o nel privato". Una soluzione potrebbe essere quella di rafforzare i Pronto soccorso dei grandi ospedali, chiudendo quelli dei piccoli (Ricciardi cita l’esempio del Pronto soccorso di Montichiari). Per ora, le Asst colmano i vuoti attraverso i medici gettonisti, pagati di più dei colleghi, e a cui viene richiesta la sola laurea (e non la specialità, come per chi è in organico). "Questa disparità non fa che aumentare l’astio. Si arriva così a casi estremi di una brava dottoressa del Pronto soccorso che ha mollato tutto per fare la professoressa di biologia al liceo". In prospettiva, si rischia di avere una sanità di serie A, accessibile a chi se la può permettere, e una di serie B. "Eppure sembra che nessuno se ne renda conto".