Melegnano, prostitute sulla via Emilia: 13 arresti

La testa di ponte dell’organizzazione criminale in Lombardia risiedeva alla cascina Belfuggito di Sant’Angelo Lodigiano

Prostituzione

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melegnano, 15 gennaio 2019 - La testa di ponte dell’organizzazione criminale in Lombardia risiedeva alla cascina Belfuggito di Sant’Angelo Lodigiano. Ed è lì che ieri mattina è stato arrestato V.A., 19 anni, romeno, uno dei 13 membri (8 portati in carcere e 5 ai domiciliari) della banda accusata dalla procura di Taranto di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione.

L’operazione partita dalla procura di Taranto è stata condotta dalla squadra mobile di Lodi, che ha lavorato in supporto a quelle di Vibo Valentia e Taranto. Accuse pesantissime per il 19enne, portato in carcere a Lodi, che verrà interrogato melle prossime ore: è accusato di gestire il traffico di donne provenienti dai Paesi dell’Est europeo nell’area di Melegnano, soprattutto sul tratto della via Emilia. Le giovani donne venivano indotte alla prostituzione per strada e sottoposte a protezione dietro il pagamento di somme di denaro. L’attività di indagine, condotta anche mediante il ricorso a intercettazioni, ha portato alla luce «un sodalizio di ampiezza transnazionale» reso ancor più stabile e solido dai rapporti di parentela esistenti tra alcuni dei sodali, tutti di nazionalità romena.

Tra gli arrestati anche un sacerdote della curia di Taranto con l’accusa di sfruttamento della prostituzione. Il religioso sottoposto ai domiciliari avrebbe avuto un ruolo di accompagnatore della maitresse, anche lei arrestata, che si occupava di mantenere i collegamenti tra le prostitute rumene e i protettori. Il centro dell’attività criminale soprattutto in Puglia, nei territori di Taranto e San Giorgio Jonico e Foggia. Più ristretta, invece, l’attività in Lombardia, a Melegnano e Mornico al Serio, in provincia di Bergamo. Il periodo delle indagini è compreso tra l’agosto 2017 e il settembre 2018. Per garantirsi il controllo di almeno una delle ragazze, ovvero costringerla a consegnare le somme di denaro e a prostituirsi, ne venivano trattenuti i documenti di riconoscimento, minacciandola pure di spedizioni punitive nel caso non avesse adempiuto. Al momento dei fatti, due dei componenti – in posizione più rilevante rispetto agli altri – erano in carcere in Francia per gravi reati contro la persona (fra cui anche quello di tratta di esseri umani ed associazione a delinquere). Dall’interno delle mura del carcere in cui erano detenuti, i due hanno continuato l’attività illecita.