"Italia a rischio lockdown totale". Cresce la paura delle varianti

Anche in Lombardia si sono sviluppati diversi focolai: dalla Bergamasca al Bresciano fino alla provincia di Milano. Intanto resta lo stop agli spostamenti tra regioni

Milano e l'Italia a rischio lockdown totale

Milano e l'Italia a rischio lockdown totale

Milano 15 febbraio 2021 - La Lombardia inizia una nuova settimana in zona gialla. "Una buona notizia per tutti, che deve spingere a guardare con fiducia al futuro, ma anche ad agire con grande senso di responsabilità per evitare che ogni sforzo venga vanificato", aveva detto qualche giorno fa il presidente di Regione  Lombardia Attilio Fontana dopo l'ultima classificazione da parte della cabina di Regia del Ministero della Salute. Ma la situazione è destinata a durare o c'è il rischio di passare alla zona arancione o, addirittura, di un lockdown totale, ovvero in tutta Italia? La speranza è che calino ancora contagi e pressione negli ospedali, ma preoccupano le varianti Covid che, nelle ultime settimane, si sono diffuse a velocità sempre maggiore creando focolai a Trescore Balneario, nel Bergamasco, a Corzano nel Bresciano e Bollate nel Milanese. 

Nel frattempo, è arrivato lo stop all’apertura degli impianti. E la stagione dello sci rischia di finire qui, gettando il mondo della montagna nello sconforto. Con una decisione che, per le tempistiche ha del clamoroso, ieri sera alle 19, dopo una giornata convulsa, il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato un provvedimento che vieta lo svolgimento delle attività sciistiche amatoriali fino al 5 marzo 2021. Punto. E così, quella che avrebbe dovuto essere la giornata della "rinascita", con la partenza della stagione dopo tanti rinvii causa Covid 19, sarà quella dei rimpianti per le migliaia di appassionati che avevano già acquistato lo skipass, e quella della rabbia per gli operatori che lavoravano da giorni per poter riaprire in sicurezza, assumendo anche centinaia di addetti che oggi verranno licenziati.  L'altro "no" riguarda gli spostamenti tra regioni.  Lo stop è stato prorogato fino al 25 febbraio, poi la palla passerà al nuovo governo targato Mario Draghi, che proprio due giorni fa ha sciolto la riserva e ufficializzato i nomi dei nuovi ministri. L'approvazione del decreto di proroga è stato di fatto uno degli ultimi atti formali del governo Conte bis. Il governo uscente ha quindi optato per un decreto ponte, lasciando al nuovo esecutivo la scelta se proseguire poi fino al 5 marzo, quando scadrà il Dpcm, o se procedere diversamente. 

Spostamenti tra regioni, nuovo Dpcm e impianti sci: cosa può cambiare e quando

Emergenza Covid
Emergenza Covid
Varianti Covid, rischio fino all'80% dei positivi

Il bollettino di ieri, domenica 14 febbraio, ha contato 2.526 (di cui 106 'debolmente positivì) nuovi positivi al coronavirus in Lombardia, a fronte di 38.465 tamponi effettuati (di cui 29.401 molecolari e 9.064 antigenici). I ricoverati in terapia intensiva sono stati 359 (-9) mentre quelli ricoverati non in terapia intensiva sono stati 3.583 (+33). I morti sono stati 47.  In Lombardia praticamente un terzo dei nuovi positivi al Covid ha contratto una qualche variante, come ha spiegato la vicepresidente e assessore al Welfare di Regione Lombardia Letizia Moratti: "Purtroppo le varianti sono presenti in Lombardia con una percentuale pari al 30% riscontrata nei tamponi positivi, che potrebbe arrivare nelle prossime settimane al 60/80%, esattamente come sta accadendo in altri Paesi". La stessa Moratti, però, ha anche detto che una tale circostanza "non deve allarmare i cittadini poiché le consolidate abitudini di prevenzione e protezione anti covid risultano sempre efficaci. Uso della mascherina, distanziamento sociale, igienizzare spesso le mani, sono comportamenti ancora raccomandati, da osservare scrupolosamente per prevenire il contagio". Fino a lunedì scorso in Lombardia erano stati accertati 128 casi di varianti di Sars-CoV-2: tutte inglesi, una brasiliana e una sospetta ancora da identificare se brasiliana o sudafricana, come aveva rivelato nell'ultimo report il direttore generale Welfare della Regione Lombardia Marco Trivelli. Numeri che, però, sembrano in peggioramento.

Il vaccino Covid
Il vaccino Covid
Vaccini e varianti, sono efficaci?

In questo scenario pesano i dubbi sull'efficacia dei vaccini. Secondo la professoressa Francesca Granucci dell'Università di Milano-Bicocca, “la risposta immunitaria che viene indotta dai vaccini è molto ampia e, per il momento, non ci sono evidenze che non siano sufficientemente efficaci anche contro le varianti inglese, sudafricana e brasiliana”.  Intanto, in Lombardia, è corsa alle adesioni per la vaccinazione anti-Covid degli over 80. Da oggi è possibile chiamare il numero verde per l’emergenza Coronavirus 800. 89.45.45, istituito dalla Regione Lombardia, per mettersi in lista per l’iniezione anti-Covid, se si ha già compiuto 80 anni. La somministrazione delle dosi, invece, avrà inizio da giovedì 18 febbraio. Il numero verde, per la sola richiesta di informazioni, è stato attivato già da sabato e il primo giorno c’è stato un vero e proprio assalto al centralino: più di 28 mila chiamate a cui hanno risposto 430 addetti. Ieri fino alle 17, invece, il numero di telefonate è stato nettamente più basso: 5.024. Ma la prova del nove per il centralino regionale è attesa oggi: c’è da aspettarsi un numero molto alto di telefonate per le adesioni. 

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I posti di blocco durante il lockdown
I posti di blocco durante il lockdown
Lockdown nazionale? I pro e i contro

Non ha dubbi Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza, che avverte: "Tutte le varianti sono temibili e non vanno sottovalutate ma quella inglese, la più diffusa in Italia, è risultata essere anche lievemente più letale". La cosiddetta variante Gb, ha spiegato Ricciardi, che è anche direttore del Dipartimento di Scienze della Salute della Donna, del Bambino e di Sanità Pubblica presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, "sta facendo oltre mille morti al giorno in Gran Bretagna. A fronte di questa situazione di pericolo alcuni Paesi hanno già optato per la chiusura drastica. L'Italia è in ritardo, e penso avremmo dovuto prendere misure di chiusura già 2 o 3 settimane fa". Per questo, l'unica soluzione per fermare la pandemia è, secondo Ricciardi, adottare un lockdown totale ma limitato nel tempo, che preveda pure la chiusura delle scuole ed escludendo solo le attività essenziali.  Dello stesso parere il professor Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all'Università di Padova:  "La variante inglese è già nel 20% dei casi in Italia.  Il vero problema è che manca un piano nazionale di sorveglianza delle varianti. Se una variante emerge in qualche posto c'è solo una cosa da fare: non la zona rossa come quella di ora ma una zona rossa come era quella di Codogno. Per impedire che si diffonda non ci sono alternative". Segue questa linea anche il direttore di Malattie infettive presso l'ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli: "Le nuove varianti portano sicuramente più infezioni e più problemi. E purtroppo la conclusione non puo' che essere la soluzione paventata dal prof. Ricciardi. Mi preoccupano molto le nuove varianti sono gia' arrivate in Italia e hanno una capacita' di diffusione maggiore della variante principale che imperversava fino adesso nel nostro Paese". 

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Qualche preplessità da parte di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: "Chiudere tutto per 2 settimane significherebbe abbassare la curva per poter riprendere il tracciamento, la mia preoccupazione però è legata al fatto che non tutte le regioni siano pronte all`attività di testing e tracciamento. Dobbiamo decidere se siamo disponibili ad accettare una restrizione maggiore per abbassare la curva, oppure se accettiamo di avere un 2021 che andrà avanti con stop&go". Claudio Mastroianni, direttore del Dipartimento di Malattie infettive del Policlinico Umberto I di Roma ha preferito non sbilanciarsi: "Non voglio entrare nella discussione, ma siamo in una situazione preoccupante. Settimana decisiva".   "Se c'è bisogno di mettere un'area in zona rossa va fatto rapidamente, ma evitiamo di continuare a parlare di lockdown nazionale perché c'è qualcuno che è diventato un disco rotto", ha detto Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova. Meno drastico il virologo dell'università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco. "Da un punto di vista scientifico sono d'accordo con Ricciardi", rispetto al fatto che una chiusura drastica di 3-4 settimane fermerebbe sul nascere la 'rimonta' di Sars-CoV-2. "Credo però che un lockdown totale sia difficile da proporre dal punto di vista dell'opportunità politica e del disagio e della ribellione sociale che si rischierebbe". Per l'esperto, meglio tentare prima una via "più accettabile", provare a "rivedere i parametri" su cui far partire le chiusure. Sulla stessa linea anche Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali) e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma. "Abbiamo una situazione epidemiologica di stallo, in cui i numeri si stanno mantenendo costanti. Questo può essere letto in modo positivo da una parte e negativo dall'altro, perché è partita anche la campagna vaccinale e fare le immunizzazioni mentre il virus circola aumenta la capacità delle varianti di resistere. E' quindi obbligatoria una cautela, ma ridiscutere oggi di fare o meno un lockdown nazionale non serve a nulla, come non serve minacciarlo. Il Paese ha fatto un scelta che è quella di convivere con il virus". Preoccupazione da Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di Microbiologia clinica, Virologia e Diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano: "Un lockdown severo oggi potrebbe apportare benefici in termini di prevenzione della circolazione delle nuove varianti ma sarebbe un disastro dal punto di vista psicologico, sociale nonché economico". 

Covid e lockdown: tutti quelli che dicono 'no' alla chiusura

Ricerca contro il Covid (Ansa)
Ricerca contro il Covid (Ansa)
La varianti: inglese, sudarficana e brasiliana

Nel caso della variante inglese, a mettere in allarme gli esperti è soprattutto l’elevata contagiosità del ceppo che si è originato a settembre nel Kent e che nel giro di soli due mesi è diventato dominante nel Regno Unito facendo esplodere i contagi e le vittime. Secondo virologi ed epidemiologi questa variante ha un tasso di contagiosità più elevato, ma non è ancora chiaro se sia causa di una letalità maggiore. I vaccini ad oggi in commercio hanno dimostrato una buona efficacia contro la variante inglese, mentre alcuni test condotti su alcuni campioni hanno mostrato una mutazione (chiamata "E484k") già osservata nelle varianti che hanno avuto origine in Brasile e Sudafrica. Per ora si tratta di pochi casi, ma la circostanza è preoccupante. I ceppi isolati in Sudafrica e in Brasile si sono dimostrati più abili nell’eludere gli anticorpi e dunque potrebbero inficiare anche l'efficacia dei vaccini. Per quanto riguarda la variante sudafricana, secondo uno  studio condotto dall'università del Witwatersrand (Sudafrica) e dall'università di Oxford il vaccino AstraZeneca si è dimostrato efficace solo al 22.  Secondo quanto annunciato da AstraZeneca, un nuovo vaccino in grado di proteggere anche contro la variante sudafricana potrebbe essere pronto per l'autunno. Dopo i risultati della sperimentazione, il governo sudafricano ha dunque sospeso l’uso del vaccino AstraZeneca, puntando solo sui vaccini Johnson & Johnson e Pfizer-BioNTech. Secondo l’istituto superiore di sanità, in generale i vaccini contro il coronavirus potrebbero essere meno efficaci per la variante sudafricana e brasiliana del covid. "Al momento i vaccini sembrano essere pienamente efficaci sulla variante inglese - si legge nella pagina delle Faq -, mentre per quella sudafricana e quella brasiliana potrebbe esserci una diminuzione nell’efficacia. Diversi studi sono in corso nel mondo per rispondere alla domanda''.  Preoccupa non poco anche la variante brasiliana. Massimo Galli, infettivologo dell'ospedale Sacco e dell'università degli Studi di Milano ha sottolineato: "Quello che è successo a Manaus mette la pietra tombale sulla strategia di chi ha in mente di far circolare il virus indisturbato per arrivare a un'immunità di gregge a furia di infezioni. A Manaus è accaduto invece che, lasciando girare il virus come gli pare, si è avuta sì una percentuale importante di gente che si è infettata e quindi immunizzata, ma non importante abbastanza per creare una vera barriera. È successo quindi che il virus ha sviluppato la mutazione giusta per tornare a essere in grado di colpire non solo quelli che non aveva ancora infettato, ma in qualche caso a quanto pare anche quelli che si erano già ammalati".