Liliana Segre e l'appello per chi è rimasto bloccato in Afghanistan: "Non abbandoniamoli"

La senatrice a vita ha scritto una lettera per non far dimenticare la situazione critica di chi è bloccato nella morsa dei talebani.

Ornella Vanoni e il suo appello

Ornella Vanoni e il suo appello

Liliana Segre è ormai una delle poche testimoni dirette dello sterminio dei nazisti, memoria storica di una parentesi buia dell’umanità come la Shoah. Oggi, la senatrice a vita rivede alcune analogie con la situazione che stanno attraversando le persone rimaste bloccate in Afghanistan: “Sono situazioni diverse che non possono essere equiparate - precisa in una lettera pubblicata su La Stampa -. Ma esiste un legame, e non è dato solo dall'umanità offesa. Forse anche di questa tragedia, a un certo punto, si dirà che tutto ciò non è mai accaduto, si negherà quello che oggi a noi appare evidente”.

Poi la Segre entra nel merito di una situazione che l’ha particolarmente colpita: "C'è un'immagine in questa catastrofe dell'Afghanistan che racconta tutto il dolore e la disperazione di un popolo che vive sulla propria pelle una storia che si ripete: quella delle persecuzioni. E' l'immagine di quella donna che tende il suo bambino verso le braccia di un soldato", scrive la Segre commentando le immagini da Kabul dove madri disperate provavano a lanciare i loro bambini oltra il filo spinato perché i soldati americani li portino via dal Paese: "Cosa c'è di più tremendo di una scelta del genere? Cosa c’è di più incerto, doloroso, dilaniante, che mettere la vita di un figlio o di una figlia nelle mani di uno sconosciuto pur di salvarlo?".

Questa immagine, ricorda Segre, è simile a un fatto "accaduto durante le deportazioni degli ebrei in Italia", ovvero "la storia di Giuliana Tedeschi, torinese, ormai defunta, donna colta e molto in gamba che al momento dell'arresto nella sua bella casa torinese, mise le sue due figlie nelle mani della domestica, affidandogliele". Annota Segre: "Lei poi, miracolosamente, si salvò, riuscì a tornare dal campo di sterminio e ritrovò le sue bambine ormai cresciute e che stentavano a riconoscerla. La donna a cui le aveva affidate, le aveva effettivamente salvate. Ma quante di queste donne afghane avranno la fortuna, un giorno, di poter rivedere i loro figli? Questo mi chiedo mentre come tutti assisto alla tragedia di questo popolo e ne sento la disperazione totale."

Poi la senatrice passa a trattare il tema profughi: “A far paura alla gente sono le carte geografiche. Guardate quella dell'Europa, sembra così piccola per contenere la fuga di centinaia di migliaia di persone dai continenti più poveri e questo ci spaventa. Si capisce, le migrazioni incontrollate spaventano, e io non ho una risposta a tutto ciò, se ce l'avessi sarei un genio”. Segre parla anche della disperazione di chi si vede chiudere tutte le possibilità di fuga e dell’esperienza che ha provato sulla sua pelle: “Una disperazione che ho già visto, le porte che si chiudono, gli aerei che partono e ti lasciano a terra, il mondo che si chiude. La paura dell'altro che si amplifica. So cosa significa: anch'io trovai una frontiera chiusa, era quella della Svizzera che rispedì indietro me e mio padre condannandoci al campo di sterminio. Penso però alle studentesse e alle ragazze afghane, agli intellettuali in fuga, ai traduttori, ai poliziotti, a tutti quelli che hanno creduto nell'Occidente e ora sperano in noi. Sono ‘élite’, sono il futuro del loro Paese, e non dobbiamo abbandonarli”.