Lombardia, nei campi un esercito di invisibili: "Arrivano dai centri di accoglienza"

I ricercatori del progetto Farm hanno indagato le irregolarità in agricoltura: qui il 50% dei casi. La coordinatrice esperta di Diritto: 1.700 vittime, una cifra esponenziale rispetto al numero di denunce

Braccianti nei campi (foto repertorio)

Braccianti nei campi (foto repertorio)

Brescia - Lavoro irregolare e caporalato nei campi: i centri di accoglienza sono il nuovo ‘bacino’ da cui si attinge manodopera. Lo hanno rilevato i ricercatori del progetto Farm, Filiera dell’Agricoltura responsabile, che per due anni hanno monitorato i fenomeni di irregolarità nel settore agricolo tra Lombardia, Veneto e Trentino. In Lombardia si concentra il 50% delle 3.396 potenziali vittime di sfruttamento di caporalato (50 sono già entrate nel percorso di protezione) in agricoltura, sulla base dell’analisi della precarietà di status e della precarietà del lavoro.

«Si parla di circa 1.700 persone, un numero esponenziale rispetto alle denunce", spiega Laura Calafà, Ordinaria di Diritto del lavoro Università di Verona e coordinatrice di FARm, intervenuta al convegno “Un’altra agricoltura“ di Fai Cisl Brescia, che, come ricordato dal segretario di Cisl Brescia Alberto Pluda, per prima, nel 2011, denunciò i rischi di caporalato tra le vigne della Franciacorta. Il problema si annida soprattutto nella quota (il 30%) di lavoratori non stabili, che vengono recuperati attraverso canali non sempre ortodossi, su cui le aziende non stanno troppo a sindacare. I dati dell’ispettorato del lavoro per il 2021 dicono che sulle 205 aziende agricole ispezionate in Lombardia sono stati riscontrati 96 lavoratori in nero di cui 9 senza permesso di soggiorno, 38 interessati da fenomeni di caporalato e 205 da fenomeni di appalto illecito. "Le persone che cercano lavoro vengono da centri di accoglienza e comunità straniere – spiega Calafà – e trovano come punti di riferimento connazionali che fanno da tramite. Sono invisibili per chi non li vuol vedere: si potrebbero fare accordi tra centri per l’impiego e centri di accoglienza, costruendo dei canali regolari".

Su questa ‘zona grigia’ si allunga anche l’ombra della criminalità organizzata, che si ‘integra’ attraverso il sistema degli alloggi (cascine, alberghi). "Sono temi su cui dovranno ragionare le Procure – aggiunge Calafà –. L’unica certezza che abbiamo è che non c’è il pubblico nella fornitura dei servizi". La prevenzione, per ora, passa da formazione, segnalazioni ("abbiamo istituito per questo il numero 800.199100", ha evidenziato Onofrio Rota, segretario generale Fai Cisl) e controlli. Dal 2017 nel Bresciano Ats e Inl hanno avviato il progetto ‘Vendemmia etica’, che ha permesso di rilevare negli anni criticità, tra cui la presenza tra i filari di ragazzi in alternanza scuola-lavoro e di richiedenti asilo. "Se non leghiamo il decreto flussi – ha concluso Andrea Cuccello, segretario confederale Cisl – con le esigenze delle aziende, ci troveremo sempre in questa situazione. Ora guardiamo con preoccupazione al 24 novembre, quando scadrà il trattato con la Libia".