Una donna con il burqa trafitta su una croce: è l’opera di arte pubblica "Le donne afgane ringraziano" apparsa intorno ieri a mezzogiorno in piazza Castello, di fronte alla fontana. A firmarla l’artista milanese Cristina Donati Meyer che non ha chiesto permessi perché "l’arte deve essere libera e anarchica". L’opera di legno massiccio con base in ferro pesa oltre 100 chili è "una visione plastica di ciò che sta succedendo" ha affermato l‘"artivista", come ama definirsi. L’opera è dedicata - si legge in una nota - "alla precipitosa fuga degli occidentali da Kabul, che ha lasciato nelle mani dei tagliagole talebani un intero Paese e, soprattutto donne e bambine, odiate visceralmente dai patriarchi maschilisti e semi analfabeti, fondamentalisti del nulla". "Stati Uniti e Europa - riflette Donati Meyer - avrebbero potuto pianificare un ritiro graduale e ordinato, portando prima in salvo le persone esposte a sicura vendetta talebana". Non è la prima volta che un’installazione di Cristina Donati Meyer solleva un polverone. A far discutere nel passato anche le sue pitture e murales. Nel 2018 davanti alla prefettura di Milano era apparso un dipinto che raffigurava l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini in versione Robocop; in un murales sui Navigli sempre Salvini era raffigurato come un gerarca fascista.
Nel 2019 se la prese con il Congresso mondiale delle famiglie, in programma allora a Verona con manifesti ispirati al nazismo. In un altro murale Salvini, allora vicepremier, picchiava con un manganello l’allora collega Di Maio. Sempre quell’anno i due “dioscuri“ in un’altra installazione comparivano mentre fuggivano insieme su una scialuppa.