Isolamento positivi Covid: "Presto alleggerimento regole". Il nodo degli asintomatici

Il sottosegretario Costa: siamo al punto di passaggio dalla fase epidemica a quella endemica. Con un ulteriore calo dei contagi permettere al cittadino positivo senza sintomi di uscire con la mascherina e andare anche a lavorare

Milano - Rivedere le regole dell'isolamento dei positivi? Un alleggerimento potrebbe scattare a tempi brevi, almeno stando a quanto spiegato dal sottosegretario alla Salute Andrea Costa. "Credo che una riduzione ci sarà già nei prossimi giorni" ha detto parlando alla seconda edizione dell' 'Health&BioTech Summit', in corso a Roma. Guardando ai dati sugli ospedali e soprattutto sulle terapie intensive "probabilmente siamo al punto di passaggio dalla fase epidemica a quella endemica e credo che sia giusto rivedere anche le regole dell'isolamento" e "in una fase successiva con un ulteriore calo dei contagi, come segno di convivenza con il virus, permettere al cittadino positivo senza sintomi di uscire con la mascherina e andare anche a lavorare"

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Costa: zero contagi? Utopistico

"Io - ha aggiunto il sottosegretario - ho sempre sostenuto che l'obiettivo dovesse essere quello di arrivare a convivere con la pandemia perchè credo che l'obiettivo del contagio zero sia un obiettivo utopistico e irraggiungibile. E allora se vogliamo arrivare a convivere con il virus ciò che dobbiamo guardare con grande attenzione non è il numero dei contagi fine a se stesso ma capire, verificare e monitorare questo alto numero di contagi che incidenza ha sui nostri reparti ospedalieri". E sottolinea la protezione dei vaccini rispetto alle conseguenze gravi della malattia. "Mi auguro che presto venga presa in considerazione anche l'ipotesi di rivedere le regole dell'isolamento - ha aggiunto - perché quando siamo di fronte a un positivo senza sintomi credo che in questo caso si può anche pensare di ridurre in una prima fase l'isolamento e credo che una riduzione ci sarà già nei prossimi giorni". 

Caruso (Sis-Isv): sì ad abolizione isolamento per asintomatici

In questa fase della pandemia di Covid-19, anche "a fronte di un'infezione che è cambiata molto nelle sue manifestazioni cliniche, sono assolutamente a favore dell'abolizione dell'obbligo di isolamento per i positivi asintomatici". Non ha dubbi Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), che invita a far leva sulla responsabilità personale: "Da un lato bisogna responsabilizzare i contagiati, che una volta asintomatici dovrebbero poter uscire, ma indossando la mascherina fino a tampone negativo per proteggere gli altri - ha dtto l'esperto - Dall'altro è necessario responsabilizzare le persone fragili o che vivono a stretto contatto con soggetti a rischio, che a loro volta dovrebbero indossare la mascherina quando serve, in modo da difendere se stessi o i propri cari vulnerabili". 

"Oggi c'è tantissima gente che si scopre positiva a Sars-CoV-2, non lo dichiara ed esce di casa"

Lo specialista, ordinario di microbiologia e microbiologia clinica all'università di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia dell'Asst Spedali Civili, fa notare che con il dilagare dei test fai-da-te "c'è tantissima gente che si scopre positiva a Sars-CoV-2, non lo dichiara ed esce di casa, sintomatica oppure asintomatica, ma ugualmente infettante. E' dunque assurdo obbligare una piccolissima parte della popolazione contagiata a seguire quarantene, sacrificando la propria vita sociale e spesso anche il proprio lavoro, mentre tutti gli altri non lo fanno". Ecco perché per Caruso "è giusto che il positivo, appena diventa asintomatico, possa circolare con la mascherina per proteggere gli altri. E dall'altra parte chi si può infettare, se sa di essere fragile o di avere situazioni familiari a rischio, deve premurarsi di proteggersi".  "Così come non teniamo in casa le persone con l'influenza, né facciamo loro dei tamponi - ha detto il numero uno dei virologi italiani - non dobbiamo tenere in casa nemmeno le persone con Covid. L'idea è che, superato il momento di emergenza in cui non sapevamo il virus cosa potesse fare, oggi che sappiamo come agisce e come sta mutando è possibile cambiare approccio. Si tratta di responsabilizzare le persone a proteggere gli altri dalla propria contagiosità - ripete Caruso - però deve essere chiaro che anche gli altri, ossia i fragili o che hanno fragili in casa, devono agire per difendersi". 

Per quanto tempo si resta contagiosi?

Ma per quanto tempo le persone positive al Covid sono contagiose? E' la domanda chiave, tornata alla ribalta negli ultimi giorni in Italia. Secondo le ultime evidenze, passate in rassegna online su 'Nature', una serie di studi "confermano che molte persone con Covid rimangono infettive anche nella seconda settimana dopo i primi sintomi". Una ricerca Usa, messa a disposizione in via preliminare sul server 'medRxiv', non ancora dunque sottoposta a revisione paritaria, si concentra su Omicron e suggerisce che un quarto delle persone che hanno contratto questa variante "potrebbero essere ancora contagiose dopo 8 giorni". Le persone, è la riflessione degli esperti, possono perciò continuare a trasmettere il virus per più tempo rispetto a quanto indicato per esempio negli States dai Cdc, i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, che fra i primi a dicembre scorso hanno dimezzato il tempo di isolamento raccomandato a 5 giorni, affermando che la maggior parte della trasmissione di Sars-CoV-2 si verifica da uno a 2 giorni prima dell'insorgenza dei sintomi e da 2 a 3 giorni dopo.

Le variabili

Molti scienziati continuano a contestare quella scelta: a loro avviso le riduzioni della durata del periodo di isolamento, ora comuni in giro per il mondo, sono guidate "dalla politica piuttosto che da nuovi dati rassicuranti", si legge.  I fatti su quanto tempo le persone sono infettive "non sono cambiati", afferma Amy Barczak, specialista in malattie infettive del Massachusetts General Hospital di Boston. E' sua la ricerca che ha valutato la durata della contagiosità dei positivi alla variante Omicron di Sars-CoV-2. "Non ci sono dati per supportare 5 giorni o qualcosa di inferiore a 10 giorni" di isolamento, osserva. A chi vuole sapere quanti giorni esattamente vanno considerati, gli esperti replicano che la risposta è complicata. "Se una persona sia contagiosa o meno, in realtà dipende da un gioco di numeri, è una probabilità", afferma Benjamin Meyer, virologo dell'Università di Ginevra in Svizzera. Altri studi utilizzano i livelli di Rna virale misurati dai test Pcr per dedurre se qualcuno è infettivo. Un progetto condotto dal Crick Institute e dall'University College Hospital, a Londra, può attingere ai dati di tamponi effettuati su più di 700 partecipanti, ottenuti dal momento in cui si sono sviluppati i sintomi. Uno studio basato su questi dati suggerisce che un numero significativo di persone mantiene una carica virale sufficientemente alta da innescare un'infezione anche "nei giorni da 7 a 10", indipendentemente dal tipo di variante o dal numero di dosi di vaccino ricevute. Lo studio è approdato su 'medRxiv' il 10 luglio.  Yonatan Grad, infettivologo della Harvard Th Chan School of Public Health di Boston, Massachusetts, che ha lavorato su studi simili sull'infettività basati sulla Pcr, concorda sul fatto che 10 giorni siano una regola pratica utile per quando non si dovrebbe più essere contagiosi. Ma avverte che un piccolo numero di persone potrebbe ancora esserlo oltre quella soglia.