Covid, impianti sci chiusi (almeno) fino al 15 febbraio: la rabbia degli operatori

Polemiche e reazioni per le pesanti conseguenze sul piano economico: "Non un altro slittamento, è la 'dead line'"

Parte il conto alla rovescia

Parte il conto alla rovescia

Sondrio, 20 gennaio 2021 - “A partire dal 15 febbraio 2021, gli impianti sono aperti agli sciatori amatoriali solo subordinatamente all’adozione di apposite linee guida da parte della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e validate dal Comitato tecnico-scientifico, rivolte a evitare aggregazioni di persone e, in genere, assembramenti”. E' una delle misure previste dal Dpcm entrato in vigore dal 16 gennaio.

Prima del 15 febbraiosono chiusi gli impianti nei comprensori sciistici; gli stessi possono essere utilizzati solo da parte di atleti professionisti e non professionisti, riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP) e/o dalle rispettive federazioni per permettere la preparazione finalizzata allo svolgimento di competizioni sportive nazionali e internazionali o lo svolgimento di tali competizioni, nonché per lo svolgimento delle prove di abilitazione all’esercizio della professione di maestro di sci”.

"Basta prendere in giro la montagna. La decisione del governo di prorogare la chiusura gli impianti di risalita avrà serie ripercussioni per l'intero comparto che incassa un altro duro colpo. Le regioni alpine hanno pronta una proposta di ristori che, grazie al nostro pressing, sarà oggetto di discussione nella Conferenza delle Regioni del prossimo giovedì 21 gennaio", ha attaccato Massimo Sertori, assessore alla montagna di regione Lombardia, un paio di giorni fa.

Preoccupazione e rabbia anche tra gli operatori. Oltretutto la stagione sta regalando abbandonti nevicate ed è una grave perdita per le città che avrebbero potuto sfruttare queste condizioni meteo per offrire piste da sci totalmente imbiancate. Franco Vismara, amministratore delegato della FAB (Funivie Al Bernina), ritiene quella del 15 febbraio (data che è slittata nel tempo a causa della pandemia di Covid 19 almeno 4 volte), la cosiddetta "dead line". "Beh, direi proprio di sì. Se dovesse esserci un ulteriore slittamento, allora in molti non aprirebbero. Che senso avrebbe far funzionare gli impianti per un mesetto? Nessuno". "Non credo ci facciano più aprire – ha detto con realismo e disappunto -, è una sensazione. Mi auguro di sbagliarmi, ma mi chiedo anche se ne valga la pena". Economicamente un’apertura di un mese e mezzo o due mesi fa fatica a stare in piedi.

Anche nella Bergamasca si respira un’aria tutt’altro che serena, tanto che la Comunità Montana ha inviato una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana e al prefetto di Bergamo, Enrico Ricci, per sottolineare come, nonostante i comuni montani siano ormai indenni dai contagi, "la continua emanazione di controverse e intempestive normative sta minando la tenuta economica e psicologica della popolazione". Se la prima ondata di coronavirus ha colpito duro, con un prezzo pesante in termini di contagi e di vittime, la seconda sta mettendo invece in ginocchio la realtà economica. Il timore della Comunità Montana Val di Scalve è che qualcuno, soprattutto tra gli operatori turistici esasperati per la situazione, possa arrivare a compiere atti illegali di protesta.