Hotel Rigopiano, cinque anni fa la tragedia tra dolore, responsabilità e ritardi

Ventinove le vittime seppellite dalla valanga, undici i superstiti. Trenta gli imputati nel processo in realtà mai decollato

Le macerie dell'Hotel Rigopiano, in una foto del 26 gennaio 2017

Le macerie dell'Hotel Rigopiano, in una foto del 26 gennaio 2017

La neve, la valanga, il freddo, le grida, i morti. Per il quinto anno consecutivo i parenti delle 29 vittime della tragedia dell'Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), saranno sul luogo del disastro per commemorare i propri cari. Al dolore del ricordo si aggiunge la richiesta di giustizia per le vittime di una tragedia che ha ancora molti punti oscuri da chiarire. Risposte che dovranno arrivare dal processo con 30 imputati che in realtà non è mai decollato.

Paura in hotel

Il 18 gennaio 2017 nel resort di lusso con spa a 1200 metri, sul versante pescarese del Gran Sasso, ci sono 40 persone tra ospiti e dipendenti. In quelle ore l'Abruzzo è alle prese con l'emergenza neve: migliaia di persone sono senza luce e centinaia le richieste di aiuto. Non solo, quel giorno ci sono anche quattro scosse di terremoto, di magnitudo 5.1. Gli ospiti dell'Hotel hanno paura e vogliono andare via, ma c'è troppa neve.

Richieste d'aiuto

Poche ore prima della valanga ci sono diverse richieste di aiuto per sgomberare la strada dalla neve: l'amministratore dell'hotel invia una mail alle autorita': "La situazione è davvero preoccupante", scrive. E poi le telefonate di Gabriele D'Angelo, cameriere dell'Hotel, morto sotto le macerie; mentre la sorella di Roberto Del Rosso, proprietario del resort, va in Provincia a chiedere aiuto. Richieste rimaste senza risposta, con gli ospiti e i dipendenti dell'albergo bloccati dalla neve e in attesa, dopo aver fatto i bagagli ed essersi radunati nella hall, di uno spazzaneve che non arrivera' mai.

La valanga 

Quando mancano pochi minuti alle 17, una valanga di neve e ghiaccio del peso di 120mila tonnellate, lanciata ad una velocità compresa fra i 50 e i 100 chilometri orari, travolge l'albergo portandosi via la vita di 29 persone.

L'Sos e la funzionaria

Alle 17.40 la telefonata di Giampiero Parete, cuoco di Montesilvano, uno dei sopravvissuti, al suo datore, Quintino Marcella, che dà l'allarme. Marcella non viene creduto, ma non si arrende ed insiste. Nella sua prima telefonata una funzionaria della Prefettura di Pescara lo liquida con la frase "la mamma degli imbecilli è sempre incinta". Alle 19 Parete riesce a parlare di nuovo con il 118 e i soccorsi si mettono in moto.

I soccorsi e la tormenta

La colonna dei soccorsi si mette finalmente in moto in direzione di Rigopiano ma le condizione sono davvero estreme. Poco dopo le 19 le avanguardie arrivarono in contrada Cupoli, a 11 chilometri da Rigopiano. Ma la tormenta con la neve che ha raggiunto già i due metri di neve rendono quasi impossibile proseguire. Anche il gatto delle nevi si arrende, ostacolato dai molti alberi caduti sulla strada.  Alle 22, quando mancano ancora 9 chilometri all’hotel, gli uomini del Soccorso alpino, della Guardia di Finanza, dei Carabinieri avanzano tra muri di neve, a piedi.  Nell'ultimo tratto  quattro uomini del Soccorso alpino e della Guardia di Finanza decidono di proseguire con gli sci. Dopo quattro ore, raggiungono l'hotel prestando soccorso ai primi due superstiti incontrati che avevano lanciato l’allarme.

I superstiti

Dopo quasi 20 ore e dopo aver affrontato la tormenta e scalato muri di neve, i soccorritori arrivano su cio' che resta del resort e salvano Giampiero Parete e Fabio Salzetta, che erano fuori dalla struttura. Scattano le ricerche: alle 9.30 viene estratto il corpo della prima vittima. Tra il 20 e il 21 gennaio vengono estratte vive nove persone, tra cui la moglie e i due figli di Parete, Gianfilippo, 7 anni, e Ludovica, 6 anni. Si salvano anche altri due bambini: Edoardo Di Carlo e Samuel Di Michelangelo, che resteranno orfani. Il 26 gennaio infine vengono recuperati gli ultimi corpi senza vita.

Il processo 

Con trenta imputati a vario titolo, il processo non è mai partito davvero. Ventinove imputati su trenta hanno chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato. L'avvio della discussione è pero' legato al deposito della perizia disposta dal gup del Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, su alcuni aspetti fondamentali riguardanti, tra le altre cose, possibili cause di innesco della valanga, i tempi di verificazione, l'entita' e i suoi effetti sul territorio. L'elaborato peritale inizialmente doveva essere depositato lo scorso 12 gennaio e poi discusso nel corso della prossima udienza fissata per il 28 gennaio. I periti, tre docenti del Politecnico di Milano, ossia gli ingegneri Claudio e Marco Di Prisco e il nivologo Daniele Bocchiola, hanno però chiesto una proroga di 90 giorni. Questo comporterà inevitabilmente un allungamento di qualche mese dei tempi del processo, che potrebbe comunque concludersi entro il 2022. Il 28 gennaio dovrebbe intanto arrivare la prima decisione del gup, il quale dovra' decidere se rinviare a giudizio, come chiesto dall'accusa, o prosciogliere l'ex sindaco di Farindola, Antonio De Vico, unico imputato ad aver scelto il rito ordinario.

Il terremoto

Intano una perizia ha già stabilito, con grandissima probabilità, che il terremoto non ha avuto alcuna incidenza sulla tragedia: questi fenomeni producono sovraccarichi sul manto nevoso preesistente equivalenti solo a pochi centimetri di neve fresca. La valanga che ha travolto il resort di Farindola (Pescara) causando la morte di 29 persone è stata dovuta essenzialmente alla fitta nevicata, tre metri, caduta nelle 72 ore precedenti. A stabilirlo è uno studio realizzato dal professore Nicola Pugno, dell'Università degli Studi di Trento, esperto della meccanica della frattura.