Quarta dose, Gismondo: “Adesso non serve. Utile solo ai conti delle big pharma"

Le parole della direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano

Quarta dose sì, quarta dose no. Il mondo scientifico (e non solo) si interroga sull'utilità del secondo booster, la cui somministrazione in Italia è già partita per i fragili. C'è chi ne sostiene l'assoluta necessità "per dare una copertura duratura dal Covid alla popolazione", chi invece ne ipotizza l'utlità in futuro "per il prossimo autunno, come avviene per il vaccino antinfluenzale, in vista dell'inverno" e c'è chi, vista l'evoluzione dell'epidemia, la ritiene "attualmente inutile".

"Non c'è nessuna base solida, né scientifica né epidemiologica nel contesto che stiamo vivendo, che possa giustificare in questo momento una quarta dose di vaccino" anti-Covid estesa a categorie diverse da quelle per cui è già prevista e per le quali - tecnicamente - non è da considerarsi un secondo booster, ma un richiamo dopo un ciclo primario di vaccinazione composto per gli immunodepressi da 3 dosi". Lo ha dichiarato all'agenzia Adnkronos Salute, Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano, dopo il via libera dell'americana Fda a una quarta dose dei vaccini Pfizer e Moderna anche negli over 50, e la richiesta all'Ue da parte del ministro della Salute, Roberto Speranza, di una posizione univoca e condivisa. 

"Sono assolutamente d'accordo - incalza l'esperta - con chi dice che una quarta dose oggi sia positiva esclusivamente per le aziende farmaceutiche che producono i vaccini". Secondo  Gismondo, "una nuova dose sarebbe ottimale con un vaccino aggiornato, sicuramente all'appropinquarsi dell'autunno, ma non prima".

La Gismondo nei giorni scorsi aveva affrontato anche la questione dell'allentamento delle quarantene. "Purtroppo nel mondo, malgrado ci sia la stessa pandemia, si va in ordine sparso" nel modo di gestirla. Relativamente alla quarantena per i positivi a Covid-19, ad esempio, i 7 giorni confermati in Italia sono "un buon intervallo di tempo precauzionale. Ma se andiamo sul sito dei Cdc americani i giorni diventano 5 e, se facciamo un giro sui siti dei ministeri della Salute dei vari Paesi europei, troviamo altri intervalli di tempo ancora. In ogni caso, ritengo che 7 giorni siano una giusta misura di compromesso". Anche dopo l'entrata in vigore, il primo aprile, delle nuove regole anti-Covid successive alla fine dello stato d'emergenza - ha chiarito infatti il dicastero - sull'isolamento dei contagiati da Sars-CoV-2 varrà quanto previsto dalla circolare ministeriale del 4 febbraio scorso: i positivi dovranno aspettare 7 giorni (10 se non vaccinati) prima di fare un tampone, test che dovrà essere negativo per poter porre fine alla quarantena.