Chiama la pizzeria "Falcone e Borsellino", lo stop del tribunale

I giudici danno ragione a Maria Falcone e vietano l'utilizzo commerciale del nome del giudice ucciso dalla mafia nel 1992

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi dalla mafia nel 1992

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi dalla mafia nel 1992

Francoforte - Non potrà utilizzare il nome di Giovanni Falcone per la sua pizzeria, pena un'ammenda fino a 250mila euro o una condanna fino a sei mesi di reclusione, il ristoratore di Francoforte, Constantin Ulbrich, al centro delle polemiche per avere chiamato il suo locale "Falcone e Borsellino". Lo hanno i giudici di appello di Francoforte sul Meno che hanno ribaltato la sentenza di primo grado e hanno accolto il ricorso presentato da Maria Falcone.

La cattivo gusto del ristoratore, peraltro, non si era fermato al nome: sui muri della pizzeria, sui quali erano stati riprodotti fori di proiettili, Ulbrich aveva anche appeso la celebre foto di Tony Gentile che ritrae insieme i due giudici assassinati dala mafia 30 anni fa, e accanto aveva messo l'immagine di don Vito Corleone tratta dal film "ll Padrino".

Il caso era stato sollevato da Maria Falcone, sorella del giudice ucciso dalla mafia e presidente della Fondazione che porta il nome del magistrato che aveva fatto ricorso per inibire al commerciante l'uso del nome di Falcone. Ma in primo grado l'istanza era stata respinta perché, aveva scritto il tribunale, "Falcone ha operato principalmente in Italia e in Germania è noto solo a una cerchia ristretta di addetti ai lavori e non alla gente comune che frequenta la pizzeria". Il tribunale sosteneva inoltre che, essendo passati 30 anni dalla morte di Falcone, il tema della lotta alla mafia non era più così sentito tra i cittadini.

I giudici di appello di Francoforte hanno invece ribaltato la sentenza di primo grado, vietando "la denominazione commerciale 'Falcone' da sola o come parte di una denominazione commerciale, in particolare come nome della pizzeria 'Falcone e Borsellinò, su insegne, menu, materiale pubblicitario, su internet, su Facebook e su Instagram nell'ambito dell'attività commerciale".

La corte inoltre riconosce che Maria Falcone abbia una legittima pretesa al diritto alla richiesta di risarcimento in base al diritto al nome e al diritto alla personalità post mortem. "La violazione del diritto alla personalità post mortem del giudice Falcone da parte di atti commerciali discutibili perché contrastano con la sua vita e il suo lavoro è fondamentalmente da approvare", scrivono infine i giudici.