Reazioni avverse: più trombosi con la pillola anticoncezionale che con i vaccini

Vaccini di seconda generazione: in pillole, spray o dalle uova. Annalisa Capuano, Centro Farmacovigilanza: sieri attuali sicuri, per quelli innovativi dovremo attendere il 2022

Covid e rischio trombosi

Covid e rischio trombosi

Roma, 11 maggio - "La pillola anticoncezionale può causare 200 eventi trombotici su 1 milione di donne che l'assumono, eppure nessuna donna ha mai pensato di rinunciarvi, e non stiamo parlando di un farmaco salvavita. Anche il trattamento con eparina si correla ad un aumento del rischio di eventi trombotici: 5.000 su 1 milione, e neppure questo ha limitato l'uso dell'anticoagulante. Mi chiedo allora da dove arrivi la paura dei vaccini anti Covid, la cui incidenza di eventi trombotici - stando agli ultimi aggiornamenti - è pari a 6-7 casi su un milione di vaccinati. Il dubbio è che dietro ci siano altre valutazioni, sicuramente non scientifiche". Di "psicosi da vaccino", infondata e mal gestita, parla Annalisa Capuano, responsabile dal 2016 del Centro regionale di Farmacovigilanza, docente del dipartimento di Medicina sperimentale dell’università Luigi Vanvitelli di Caserta e membro della Società italiana di farmacologia.

Studio correlazione eventi trombotici e pillola anticoncezionale

 

 

Professoressa Capuano cosa c'è, secondo lei, dietro la paura dei vaccini anti Covid?

"Tanta disinformazione e sicuramente un approccio differente tra i paesi anglosassoni e quelli europei. In quattro mesi la Gran Bretagna è riuscita a vaccinare metà della popolazione (al 27 aprile erano 33.959.908 le persone vaccinate con la prima dose, mentre 13.581.076 avevano già ricevuto anche la seconda) e non si è fermata nemmeno di fronte agli eventi avversi, che pure ci sono stati. Mentre in Europa, Germania in testa, al primo campanello d'allarme si è bloccato tutto per giorni, col risultato di alimentare la sfiducia nei vaccini, mentre il virus non si fermava e continuava a mietere vittime al ritmo di oltre 300 al giorno solo in Italia. E pure dopo le rassicurazioni di Ema e Aifa sul rapporto rischio/beneficio, in tanti hanno continuato a nutrire dubbi su Astrazeneca".

Eppure gli eventi trombotici si sono verificati 

"Non dimentichiamo che lo stesso virus, nei casi più gravi, può causare eventi trombotici. La malattia indotta da Covid è una malattia cardiovascolare perché dal polmone va nell'albero circolatorio e si propaga all'interno dei vasi a produrre danni all'endotelio vascolare. Questa lesione rappresenta terreno fertile su cui si può avere la formazione di trombi che muovendosi danno luogo a fenomeni tromboembolici responsabili di danni a reni, polmoni, cervello, il cosiddetto danno multiorgano che si associa a fenomeni di coagulazione intravasale disseminata (Cid). Una grave patologia che spesso porta alla morte (come emerge dallo studio Asakura 2021su Covid e coagulazione intravasale disseminata​)"

Annalisa Capuano
Annalisa Capuano

"Non dico questo, ma credo che la preoccupazione sia stata eccessiva. L’Ema ha osservato circa 3 casi su 1 milione di vaccinati (su un totale di circa 25 milioni di dosi del vaccino Astrazeneca somministrate fino a metà marzo si  sono verificati 86 casi di coaguli di sangue). Dati più aggiornati, provenienti dai sistemi di segnalazione spontanea europea e del Regno Unito, indicano un totale di 169 casi di trombosi venosa cerebrale e 53 di trombosi venosa splancnica su 34 milioni di persone vaccinate (circa 6-7 casi su 1.000.000 di vaccinazioni). Questo dimostra almeno due cose: anzitutto che il rischio è bassissimo, sicuramente inferiore a molti altri farmaci, come per esempio i  contraccettivi orali per i quali il rischio assoluto di trombosi venosa tra le pazienti utilizzatrici è pari a 2-3/10,000/anno rispetto a 0,8/10,000/anno tra coloro che non assumono tali farmaci (secondo lo studio su trombosi e contraccettivi orali, Tanis 2003).  In secondo luogo lo stop ad Astrazeneca dimostra che gli organismi di controllo funzionano e questa è una garanzia per i cittadini. Il problema è che con tutti questi stop and go, oltre a mettere in discussione i vaccini si rallenta una campagna che in Italia non è ancora decollata".

Qual è il prezzo che paghiamo per questi ritardi?

"Altissimo. C'è un prezzo immediato che consiste nella mancata protezione di anziani e fragili, proprio mentre stiamo riaprendo tutto, col rischio di dover fare i conti con una quarta ondata e l'arrivo di nuove varianti nel momento in cui il nostro sistema sanitario deve destreggiarsi tra campagna vaccinale e terapie intensive ancora piene. E c'è un altro rischio, più subdolo, che è quello di aumentare l'incidenza dei morti per altre patologie, non meno gravi del Covid ma trascurate dall'inizio della pandemia"

Cosa si può fare per evitare che a pagare il prezzo dei ritardi siano i malati cronici?

"Programmare, programmare, programmare. Dovremo vaccinarci ancora per anni. Di certo ci vorrà almeno un richiamo nell’autunno 2021. E non possiamo pensare di continuare a convogliare tutte le risorse della sanità pubblica, e parte di quella privata, sulla vaccinazione anti Covid. Con ogni probabilità non faremo in tempo a raggiungere l'immunità di gregge che si dovrà cominciare con i richiami, ma non si può pensare di tenere in piedi per anni gli hub vaccinali dentro palazzetti e fiere. Bisogna coinvolgere subito e massivamente medici di famiglia e farmacie, come hanno fatto in Gran Bretagna".

E' certa che servirà un richiamo vaccinale in autunno?

"Al momento non ci sono evidenze scientifiche certe che dicano quanto durerà l'immunità indotta dalla malattia e quanto quella dalla vaccinazione. Recenti studi parlano di almeno 6 mesi di protezione (studio su long Covid e anticorpi, Wajnberg 2020 e studio su anticorpi e incidenza del virus, Lumley 2021), ma per affermarlo con sicurezza dobbiamo  aspettare e vedere cosa succede. Con ogni probabilità, come per altri vaccini, occorreranno delle dosi di richiamo, per mantenere la protezione contro il virus mentre questo si evolve e arrivano nuove varianti".

La soluzione potrebbe essere il vaccino in pillola, da assumere a casa come un qualunque farmaco, annunciato da Pfizer e probabilmente disponibile entro fine anno?

"Sui vaccini in pillola al momento ci sono pochi risultati provenienti da sperimentazioni precliniche, ovvero studi condotti in modelli animali o colture cellulari, e non sono stati finora pubblicati articoli scientifici sull'argomento. Una casa israelo-statunitense, la Orovax, e una indiana, la Premas Biotech, oltre a Pfzer, ci stanno lavorando. Allo stesso modo Astrazeneca sta provando a formulare un vaccino anti Covid di seconda generazione in formulazione di spray nasale. Tuttavia, occorre precisare che per tali vaccini non si sono ancora dati provenienti dalla sperimentazione clinica, ritengo pertanto che siamo in una fase troppo precoce per parlarne e illudere la popolazione"

A che punto è il vaccino low cost ottenuto da uova di gallina? 

"Il vaccino è attualmente in fase di valutazione clinica iniziale in Thailandia. L'enorme vantaggio in questo caso è il costo di produzione del vaccino che sarebbe di gran lunga inferiore rispetto ai vaccini  a mRna. Ma il trial è iniziato da poco. Si tratta di un unico trial registrato sul sito americano. La sperimentazione clinica sull'uomo dovrebbe essere avviata a breve con l'arruolamento di 460 partecipanti. Come per i vaccini in pillola o spray, anche per quelli ottenuti dalle uova  i tempi non sono ancora maturi, dal momento che siamo ancora molto lontani dal loro “potenziale” utilizzo. Pur riconoscendo gli effetti dell'emergenza Covid sulla riduzione delle tempistiche delle procedure regolatorie, che hanno consentito l’accesso ai vaccini in tempi brevissimi, in questa fase occorre cautela soprattutto se si parla di vaccini ancora in fase di sperimentazione preclinica".

Questa accelerazione può aver nociuto alla considerazione sulla sicurezza dei vaccini?

"Nel sentire comune temo di sì. In alcune fasce della popolazione è passato il messaggio che un vaccino ottenuto in tempi così brevi non fosse sufficientemente sicuro, pregiudizio che è stato ulteriormente alimentato dopo le segnalazioni di eventi avversi post-vaccinazione. In realtà l’autorizzazione di prodotti medicinali in tempi rapidi non è affatto una nuova procedura. In passato infatti numerosi farmaci sono stati autorizzati all'immissione in commercio tramite procedure accelerate. E' il caso, ad esempio, dei farmaci orfani, destinati al trattamento di malattie molto rare, per le quali non disponiamo di valide terapie farmacologiche. In tutti questi casi l'azienda farmaceutica è comunque obbligata a monitorare il profilo rischio/beneficio nella reale pratica clinica, oltre che condurre studi ad hoc per il monitoraggio della sicurezza. Quello che ha messo il turbo alle procedure autorizzative dei vaccini anti Covid è la rolling review o "revisione graduale", che consente di inviare singole parti del dossier (anziché completarlo e inviarlo per intero) all'agenzia regolatoria, in modo che venga esaminato mentre gli studi procedono. La rolling review è stata usata anche per il remdesivir, unico antivirale finora approvato per Covid". 

Il remdesivir non è l'unico farmaco risultato utile per curare l'infezione da Sars Cov II. Anche cortisone, eparina e altri farmaci hanno dimostrato una certa efficacia, tanto che si parla sempre più della possibilità di cure domiciliari nei casi meno gravi. E' d'accordo? "I corticosteroidi e le eparine a basso peso molecolare, come pure il remdesivir, sono tutti farmaci riposizionati, cioè utilizzati per altre terapie ma che hanno dimostrato efficacia anche nel contrastare l'infezione da Sars Cov II. Ma possono essere utilizzati solo ed esclusivamente in specifiche fasi della malattia e dietro consiglio medico. Per esempio i cortisonici non vanno mai usati all'inizio dell'infezione, quando arriva la febbre, perché questa è una risposta dell'organismo. Ma se la febbre perdura si deve sentire il medico e assumere il cortisonico assieme agli anticoagulanti. Il rischio delle cure domiciliari è il fai da te senza regole"

Le reazioni avverse ai vaccini anti Covid sono superiori a quelle legate ad altri vaccini?

"Ad oggi le sospette reazioni avverse sono inferiori a quelle che si verificano con altri farmaci e vaccini. Ma è ovvio che man mano che aumenta la popolazione vaccinata, aumenta anche il numero di eventi avversi, anche se per loro natura sono rari. E' un fatto statistico e bisogna sempre guardare le percentuali per rendersene conto. Inoltre, ogni prodotto medicinale, farmaco o vaccino, può associarsi alla comparsa di eventi avversi. Tuttavia, finché non viene stabilita una relazione causale tra l’evento e il farmaco o il vaccino, quegli eventi sono solo da considerarsi come 'sospetti' eventi avversi in quanto non è certa la correlazione con il prodotto medicinale sospetto". 

Ritiene che dietro i vaccini ci sia una battaglia geopolitica? E perché, secondo lei, non viene ancora autorizzato lo Sputnik in Europa?

"Sullo Sputnik resterei cauta, perché è un vaccino a doppio vettore virale e fanno bene le  agenzie regolatorie a volerci vedere chiaro. Personalmente non saprei dire se ci sono o meno battaglie geopolitiche alla base delle scelte regolatorie relative ai vaccini. All'inizio si temeva che i vaccini a mRna (come Pfizer e Moderna) potessero dare alterazioni strutturali del dna o essere genotossici, adesso tutti li vorrebbero al posto di quelli a vettore virale come Astrazeneca e Johnson&Johnson. Eppure non è cambiato nulla, è solo questione di informazione e di come vengono veicolati i messaggi. Intanto dovremmo avere presto il vaccino italiano Reithera e questo dovrebbe accelerare i tempi della campagna nel nostro Paese"

Secondo lei come si è mossa l'Europa sul fronte vaccini?

"In modo incerto. Credo che di fronte a una pandemia con questi numeri si doveva imporre alle aziende farmaceutiche la sospensione dei brevetti di produzione (magari dietro compenso una tantum), per dare a tutti gli Stati la  possibilità di produrre i sieri nelle proprie officine, come avvenuto anni fa con i farmaci per la cura dell'Aids. Le richieste di sospensione dei brevetti, avanzate in primis da India e Sudafrica, all'Organizzazione mondiale del commercio (Omc/Wto), sono state bocciate da una serie di Paesi ad alto reddito, più il Brasile, secondo cui i brevetti sarebbero importanti incentivi all’innovazione. Il rifiuto dei Paesi ricchi, che possono comprare anche a caro prezzo i vaccini, sta condannando a morte migliaia di indiani alle prese con una nuova variante, e provoca rallentamenti nella campagna vaccinale europea, costretta a fare i conti con la carenza delle forniture".

Cosa dobbiamo aspettarci per il prossimo futuro?

"La pacifica convivenza col virus. Ma ci vorranno ancora anni e dobbiamo armarci di una buona dose di resilienza e di tanta fiducia nella scienza"