Epatite acuta bambini: cosa sappiamo (per ora)

Rezza: in Italia abbiamo un solo bambino sottoposto a trapianto e ogni anno ci sono alcuni casi. Stiamo valutando situazione, monitoraggio attento. In Lombardia tre casi sospetti segnalati

Un reparto di terapia intensiva pediatrica in una recente immagine d'archivio (Ansa)

Un reparto di terapia intensiva pediatrica in una recente immagine d'archivio (Ansa)

Milano - "Nel Regno Unito sembra esserci un aumento dei casi di epatite acuta di origine sconosciuta e hanno avuto anche diversi bambini trapiantati. Da noi si sta valutando la situazione. Chiaramente, con l'attivazione della rete e del monitoraggio ogni giorno ci sono nuove segnalazioni, ma per ora i casi ritenuti probabili sono ancora limitati. Non sappiamo se questo rappresenta un aumento o meno rispetto agli altri anni e a quello che ci saremo aspettati". A dirlo è Gianni Rezza, direttore della Prevenzione del Ministero della Salute, a margine del convegno 'Vaccinazione del paziente oncologico. Nuove opportunità per la sanità pubblica', presso il Ministero della Salute. "Effettivamente, al momento, - ha aggiunto - abbiamo un solo bambino sottoposto a trapianto, e ogni anno ci sono alcuni casi. Per il resto non abbiamo altri segnali particolari ma la situazione va certamente monitorata con attenzione". "L'Oms - ha precisato - ha modificato, ieri, la definizione di caso, perché non ci sono casi 'confermatì ma casi 'probabilì, in quanto non c'è un marcatore unico o un agente, che si tratti di un virus o meno. Quindi la situazione va monitorata con attenzione e non possiamo dire ora se c'è una diffusione maggiore a quello che normalmente accade". Rispetto alle cause, ha concluso Rezza, "gli inglesi si sono concentrati su un tipo di adenovirus ma non escludono altro, quindi anche questo va valutato". 

L'indagine rapida della Sigenp

Sono 20 i casi registrati di epatite acuta severa di origine sconosciuta, emersi da una flash survey nazionale effettuata dall'area fegato della Società italiana di Gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp) per valutare l'incidenza di nuovi casi pediatrici di epatite a eziologia sconosciuta (non A-non E). All'indagine hanno risposto 71 centri di cui 33 ospedali di I e II livello, 11 ospedali di III livello, 13 centri universitari, 14 Irccs. L'indagine rapida è stata effettuata il 21 aprile e chiusa oggi.  In 70 su 71 centri (98%), i medici non hanno avuto la percezione di assistere ad un incremento anomalo di casi di epatite acuta severa - sottolinea la Sigenp - Il numero di casi segnalati (20) è sovrapponibile a quello del triennio precedente (2019-2021). I risultati dell'indagine evidenziano che, fino ad oggi, nessun incremento anomalo di casi di epatite acuta severa sia stato registrato in Italia".  Nel dettaglio: "Diciotto dei 20 pazienti hanno un'età tra 1-10 anni; 2 su 20 hanno sopra i 10 anni; 14s su 20 sono negativi per entrambi i virus epatotropi maggiori (A-E); in 6 su 20 il virus dell'epatite E non è stato testato". Per quanto riguarda gli agenti patogeni: "In 3 casi sono risultati positivi per Sars-CoV-2; 1 caso positivo per adenovirus; 1 caso per norovirus; in un singolo caso è stato necessario il un trapianto di fegato". 

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In Lombardia

Per quanto concerne la Lombardia ieri c'è stato il terzo caso sospetto segnalato in regione- il primo a Milano – da quando è partita la sorveglianza del Ministero della Salute sull’epatite acuta di origine sconosciuta per la quale prima la Gran Bretagna, e ora anche l’Irlanda e i Paesi Bassi, hanno segnalato all’Oms un aumento inatteso ricoveri di bambini prima sani. Giovedì scorso erano almeno 169 i casi notificati da undici Paesi (nove europei più Israele e Usa) e in Italia ne risultavano quattro. L’indomani il Ministero aggiornava il censimento a undici sospetti (in un arco temporale che parte dall’inizio dell’anno, e un caso risaliva al 2021), di cui due in Lombardia: una bambina di sei anni e un ragazzino di undici ricoverati da marzo al Papa Giovanni di Bergamo, il più grande ha avuto bisogno di un trapianto di fegato.

Banderali: importante sistema di sorveglianza

Casi di epatite acuta con origine ignota in bambini piccoli se ne vedevano anche prima dell’allarme britannico, sottolinea Giuseppe Banderali, primario di Pediatria e Patologia neonatale al San Paolo e vicepresidente della Società italiana di Pediatria, "e al momento non risulta un aumento in Italia. È stato allertato il sistema di sorveglianza, che dopo la pandemia è diventato più reattivo: al primo segnale si fa rete e si utilizzano strumenti, come la videoconferenza, che ci consentono di condividere informazioni in tempi rapidi. Io sono ottimista per natura; comprendo che queste informazioni possano creare ansia nei genitori, ma non c’è motivo di andare nel panico". Né di correre in ospedale al primo mal di pancia o diarrea, mentre l’ittero, in bambini più grandi di un neonato, "deve sempre mettere in allarme". "La situazione è sotto controllo - conclude –. Abbiamo una rete che funziona anche meglio rispetto al passato, in grado di raccogliere informazioni in velocità da molti Paesi in modo che poi le istituzioni traggano le conclusioni. La sorveglianza attiva non deve creare allarme; al contrario farci sentire più tranquilli, perché c’è qualcuno che veglia su di noi".

Pregliasco: segnalazioni per lavoto di trasparenza e raccolta dati

Secondo il virologo dell'università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco "la diffusione dei casi di epatite acuta nei bambini di origine sconosciuta"dobbiamo vederla per ora non come una emergenza, quindi non facciamo terrorismo mediatico, ma come un'opera di trasparenza e di raccolta dei casi che, ricordo, ci sono sempre stati ma rimanevano nell'esperienza delle singole strutture a livello locale". "Ora c'è la fase della raccolta dei dati - aggiunge Pregliasco - nei casi inglesi è molto presente l'adenovirus, ma sappiamo che è un virus molto presente nei giovani. Quindi abbiamo la necessità di una statistica omogenea e multicentrica e poi un approfondimento con i laboratori".