Eitan, lo zio paterno: "Abbiamo parlato con lui, presto andremo in Israele"

Or Nirko: "L'unica cosa che univa i nonni materni era l'intenzione di portarlo via dall'Italia". La Farnesina scrive all'ambasciata

Or Nirko, zio di Eitan, ha parlato con i cronisti

Or Nirko, zio di Eitan, ha parlato con i cronisti

Travacò Siccomario (Pavia) - "Un primo passo, l’inizio di una saga ancora lunga che non so quando finirà". Or Nirko, lo zio paterno di Eitan Biran ha definito così l’arresto del nonno materno accusato d’aver rapito il piccolo e di averlo portato in Israele. Ai domiciliari fino a venerdì, l’uomo non ha rivelato ancora dove si trovi il bambino. “Non sappiamo dove stia Eitan – ha aggiunto -, ma ci stiamo organizzando per andare in Israele e riportarlo a casa presto. Eitan è cresciuto qui, in Israele andava per le vacanze e conserva un bel ricordo di quel Paese perché i suoi genitori sono nati lì e lui vi trascorreva dei momenti felici. Ma quella non è casa, la sua casa è qui”.

E a “casa” gli zii sperano che la giustizia e la diplomazia lo riportino presto. “Il tribunale competente è quello italiano – ha proseguito l’uomo, marito di Aya Biran, tutrice legale del bambino – che aveva già deciso di assegnare a mia moglie la tutela del bambino. Una decisione che la famiglia Pereg contesta. Vedremo che cosa decideranno i giudici. Noi obbediamo alle leggi. Un giudice ci ha detto che dovevamo consentire ai nonni di vederlo e lo hanno visto, ma avevamo avvisato tutti che Eitan avrebbe potuto essere portato via e chi vuole davvero rapire un bambino, riesce a farlo”.

Il nodo del passaporto

Nonno Shmuel Peleg che aveva il passaporto di Eitan, non lo aveva mai restituito. “Lo avevamo chiesto – ha sottolineato lo zio – il giudice aveva ordinato di ridarcelo, ma non ce l’ha mai consegnato”. I legali ai quali si sono affidati i Peleg, Sara Carsaniga, Paolo Polizzi e Paolo Sevesi, in realtà sostengono di non mai ricevuto l'atto con cui il giudice di Pavia l'11 agosto scorso aveva ordinato il divieto di espatrio per il bimbo se non accompagnato o autorizzato dalla tutrice legale, la zia Aya Biran e di non aver mai ricevuto gli atti del procedimento sulla tutela del minore.

I complici

Lo zio invece parla di “diverse persone” che avrebbero aiutato i nonni nel rapimento del bambino. “In Israele hanno fatto una raccolta fondi per il bambino – ha aggiunto – che credo abbianoo usato per il rapimento perché hanno dovuto chiedere permessi speciali per partire dall’aeroporto di Lugano e per arrivare nell’area Vip di Tel Aviv. Nel frattempo, i nonni divorziati e che hanno ritrovato un’intesa soltanto per il rapimento di Eitan, hanno sventolato la carta religiosa, senza preoccuparsi del bene del bambino che ha qui i suoi amici, la sua casa e parla l’italiano meglio dell’ebraico”. La questione ora è nelle mani della diplomazia dei due Paesi nella speranza che arrivi al più presto a una soluzione che tenga conto effettivamente del bene del bambino. Nell’attesa, ieri sera la zia Aya ha potuto avere un breve colloquio con il piccolo, ma sul contenuto lo zio è stato categorico: “No comment”.

La Farnesina

L'Italia "conta sulla collaborazione di Israele per una soluzione concordata della vicenda, nell'interesse superiore del minore". Lo scrive la Farnesina, secondo quanto apprende l'Ansa, in una nota verbale inviata nei giorni scorsi all'ambasciata israeliana a Roma riguardo al caso di Eitan Biran. 

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