Schiere di avvocati e periti, come si ferma un'inchiesta

Dal ponte sul Po al cavalcavia di Annone. Reati cadono in prescrizione dopo accertamenti e processi infiniti

Il crollo del ponte di Annone

Il crollo del ponte di Annone

Milano, 27 gennaio 2018 - Indagini che si trascinano per mesi, proroghe di perizie e consulenze, processi “lumaca” tra rinvii di udienze e intoppi, con la prescrizione che incombe. E i disastri, terminato il clamore mediatico e sopito l’allarme sociale che ha provocato anche l’incidente ferroviario di Pioltello, rischiano di rimanere senza colpevoli.

Un caso, tra tanti, è il crollo del ponte sul Po, tra San Rocco al Porto e Piacenza, il 30 aprile 2009. Il cedimento di una campata, che fece collassare la struttura, coinvolse quattro automobilisti (due riportarono gravi lesioni). Le immagini del ponte crollato, con le auto finite nel Po, fecero il giro d’Italia, con uno strascico di polemiche sulla manutenzione delle strade dopo la tragedia sfiorata. Per arrivare a una sentenza di primo grado sono serviti quasi sei anni. E il 23 gennaio 2015 il Tribunale di Lodi assolse cinque funzionari dell’Anas dall’accusa di disastro colposo, crollo di costruzioni e lesioni. I difensori avevano sostenuto che il cedimento fosse da imputare alla piena straordinaria del fiume. Nelle motivazioni della sentenza i giudici sottolinearono che «non si può attribuire una responsabilità colposa all’uno o all’altro degli imputati, atteso che era impossibile svolgere una manutenzione specifica sull’intera porzione metallica anche in considerazione della notevole estensione del ponte che supera i 23mila metri quadrati».

Anche su un altro incidente più recente, il crollo del cavalcavia di Annone Brianza, ci sono tutti i presupposti per un procedimento “lumaca”. Il 28 ottobre 2016 l’infrastruttura cedette sotto il peso di un camion in transito, crollando sulla strada sottostante. Morì sotto le macerie un 68enne di Civate, Claudio Bertini. E si aprirono, per l’ennesima volta, polemiche e discussioni sulla sicurezza. A distanza di un anno e tre mesi la Procura di Lecco sta tirando le fila dell’inchiesta sulla base della consulenza affidata all’ingegnere Marco Di Prisco, docente di tecnica delle costruzioni al Politecnico di Milano, che ha individuato una serie di errori e inadempienze, con la possibile responsabilità di svariati soggetti. Gli indagati sono tre, ma la lista potrebbe allungarsi. Nel frattempo il sostituto procuratore Nicola Preteroti, titolare dell’indagine, ha preso servizio in un’altra sede. Altri magistrati dovranno occuparsi del fascicolo, e i ritardi accumulati rischiano di trasformarsi in un abisso. Per l’eventuale apertura di un processo di primo grado potrebbero essere necessari ancora dei mesi, anni per arrivare a una sentenza. 

Sono bastati cinque anni e mezzo per arrivare alla sentenza della Cassazione (che ha confermato 5 anni di carcere per l’imprenditore Giovanni Merlino) sull’incidente all’Eureco di Paderno Dugnano, con quattro morti e tre feriti per l’esplosione. Scendendo lungo la penisola, nove anni dopo uno dei più gravi incidenti ferroviari della storia italiana - la strage di Viareggio - i familiari delle 32 persone morte il 29 giugno 2009 attendono ancora la fissazione del processo d’appello, che dovrebbe aprirsi a fine 2018, quando alcune accuse saranno già cadute in prescrizione. In primo grado sono stati condannati 23 dei 33 imputati (tra cui l’ex amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti) e 6 società. E i familiari delle vittime, triste coincidenza, giovedì mattina hanno presentato le loro proposte ai vertici dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie. Un incontro, già programmato, avvenuto proprio durante le drammatiche operazioni di soccorso a Pioltello.