La difesa del Quirinale, il messaggio di Milano: unire è meglio

La metropoli ha rivendicato autonomia di pensiero

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte

Milano, 1 giugno 2018 - Per qualunque partito le conseguenze di un Quirinale amico – succede quando il titolare proviene dalle fila dello stesso partito – non sono sempre gradite. Spesso caricano quel partito di responsabilità, di vincoli e di obblighi lasciandolo meno libero di perseguire le proprie convenienze politiche, elettorali o tattiche che siano.

Questa conclusione prescinde dallo stato d’animo di dirigenti e di militanti del Pd milanese di fronte alla gazzarra di Di Maio e della Meloni contro il presidente della Repubblica. Dall’indignazione alla solidarietà a Mattarella la reazione è stata immediata e unanime, più forte e giustificata della “rabbia” di Salvini e, soprattutto, più sincera. Ma la storia recente dei rapporti tra il Pd e i presidenti democratici segnala anche incomprensioni e conflitti.

Nel 2011, di fronte allo sfarinamento della maggioranza parlamentare, la scelta di Napolitano fu quella del governo Monti. E per il Pd che sognava elezioni anticipate si materializzò l’incubo di dover aderire alla decisione del “suo” presidente e di sostenere l’impopolare austerità di Monti. Le conseguenze si videro alle elezioni del 2013. Il Pd scivolò al 25 per cento, ben nove punti percentuali al di sotto del risultato del 34 per cento conquistato da Veltroni nel 2008. Persino peggio di come è andata a Renzi il 4 marzo di quest’anno. Anche dopo la strategia del presidente eletto dal Pd e quella del segretario del Pd erano opposte. Napolitano voleva le larghe intese ma Bersani tentò l’accordo coi 5 Stelle e Grillo gli mandò una delegazione a insultarlo in streaming.

Dopo la sconfitta al referendum del 2016, Renzi avrebbe voluto subito la rivincita ma Mattarella, il suo presidente, quello per cui aveva rotto con Berlusconi, gli negò il voto anticipato. Allora i democratici milanesi, di fronte al contrasto tra il loro presidente e il loro segretario si divisero. Da una parte il sindaco Sala, sempre più critico con Renzi, dall’altra la maggioranza dei parlamentari.

A differenza di Bersani, Renzi non si piegò nemmeno dopo la successiva disfatta delle elezioni politiche. Con la scelta di due diversi incaricati per esplorare le due possibili maggioranze - una di centrodestra priva dei numeri necessari, l’altra fondata su una qualche intesa tra 5 Stelle e Pd - Mattarella una strada l’aveva aperta. Ma Renzi quella strada l’ha sbarrata prima ancora che la direzione del suo partito discutesse. Non senza buoni argomenti. Anche in questo caso la maggioranza dei dem milanesi era contraria all’idea di qualunque accordo con Di Maio. Sta di fatto che la scelta di Renzi ha spianato la strada al governo nazionalpopulista.

Che sia stato un bene per l’Italia ancora non si può dire. Tra non pochi dubbi la conclusione che i democratici milanesi traggono da queste vicende è che quando un partito esprime il presidente della Repubblica è bene che ne segua le indicazioni. Anche se costa. Nessun dubbio invece sulle impudenti accuse di Di Maio contro il presidente. La condanna dei dem milanesi è stata unanime e domani alle 18 i cittadini saranno in piazza della Scala. Il sindaco Sala in solidarietà al presidente della Repubblica ha raccolto, ben oltre il Pd, l’adesione di tutti i primi cittadini milanesi: da Carlo Tognoli a Paolo Pillitteri a Giuliano Pisapia, da Letizia Moratti a Gabriele Albertini fino all’ex sindaco leghista Mario Formentini.

Questa convergenza di personalità politiche così distanti esprime l’autonomia di Milano ma anche la gravità dell’accaduto. L’attacco frontale al presidente della Repubblica è rientrato e gli attaccanti cioè i nazional populisti sono diventati ministri. Il bersaglio dei nazional populisti non è stato e non è solo il Quirinale – si pensi alla libera stampa, si pensi all’Unione europea, si pensi alla società aperta e plurale. Ragioni importanti che devono unire e non dividere e che merita difendere al di là di ogni steccato di partito. È il messaggio di Milano. È questo il messaggio agli italiani che viene da Milano.