La verità su Desirée, i sospetti del padre: "Troppi misteri, c’è una rete di pedofili"

Per l’omicidio della 14enne condannati tre minori e un adulto. Il mandante, gli orchi, il Dna, la telefonata. "Riaprire le indagini"

Desirée Piovanelli, uccisa a 14 anni nel 2002

Desirée Piovanelli, uccisa a 14 anni nel 2002

Leno (Brescia), 25 settembre 2022 - La battaglia infinita di un padre. Maurizio Piovanelli, 61 anni, è tenace nella convinzione che le sentenze racchiudano una verità parziale e che ne esista un’altra: la morte di Desirée, sua figlia, non è stata l’epilogo di una tentata violenza sessuale ma di un sequestro finito male, organizzato da una rete di pedofili, tuttora presente nelle Bassa bresciana. Desy, quattordici anni, sparisce nel primo pomeriggio del 28 settembre 2002. Il corpo, straziato dalle coltellate, viene ritrovato sei giorni dopo in un cascinale. Trucidata dal branco di Leno, tre ragazzini e un adulto.

Maurizio Piovanelli, come sono stati questi 20 anni? "Difficili e impegnativi. Stiamo lottando per la verità che non c’è ancora e siamo estremamente delusi dalla giustizia italiana".

Lei è sempre stato convinto che la responsabilità non era circoscritta al branco. "L’ho detto da subito. E ne sono sempre più convinto. Negli anni sono uscite cose talmente strane che mi hanno portato a credere che c’era sotto qualcosa di molto grosso. Ci sono le voci del paese e ci sono le persone con cui ho parlato. Perché non sono state prese in considerazione?".

Sul giubbino di Desy è rimasto un Dna mai attribuito. "È un’altra cosa che non capiamo: perché questo Dna non è stato confrontato con quello di certe persone? È ancora disponibile. La speranza è che qualcuno del paese, qualcuno che sa tante cose, parli. Alcune persone le ho conosciute, altre no. Qualcuno ha parlato, qualcun altro no. Ma non abbiamo avuto nessun risultato. Sinceramente non capisco perché non abbiano fatto delle indagini ulteriori".

La nuova inchiesta nata dal suo esposto è stata archiviata. "C’è una porta lasciata aperta dal giudice: se emergeranno nuovi elementi, verranno valutati".

I tre ragazzi sono liberi. Con uno vi siete incontrati. "Mi ha avvicinato al parcheggio di un supermercato. Aveva la barba, non l’avevo riconosciuto. Mi ha detto chi era, che gli dispiaceva molto, che non c’entrava e che era stato tirato dentro dagli altri due. Mi ha parlato del giro di pedofilia. A Leno lo sanno tutti. È come essere nella Palermo di 40 anni fa. Palermo è cambiata, Leno no".

Pensa a chi le ha strappato una figlia? "Non riesco a capire come facciano a vivere, cosa diranno ai loro figli. So che uno è papà. Da parte nostra si fa il possibile per non odiare nessuno, però non è semplice. Anche perché non mi risulta che si siano mai pentiti. Come se fosse stata una cosa normale".

E Giovanni Erra? "Di lui penso quello che si può pensare di un adulto, sposato, con un figlio piccolo, che ha fatto una cosa del genere".

L’ultimo ricordo di Desy? "Sempre sorridente. Il suo sorriso meraviglioso. Quel sabato è uscita alle 14.30. Non è vero che è stato un’ora dopo, alle 15.30. Uno dei ragazzi, dalle 15.15 alle 16, ha fatto parecchie telefonate. Quindi Desy era già morta. Una chiamata è stata particolarmente lunga, come se il ragazzo avesse dovuto riferire a qualcuno quello che era successo. Perché non è stato verificato a chi ha telefonato e cosa si sono detti? È importante. Potrebbe saltare fuori il mandante".

Che persona sarebbe Desy, oggi? "Sarebbe sposata e avrebbe tanti figli. Le sarebbe piaciuta una famiglia numerosa".

Cosa si aspetta ancora? "Che qualcuno parli davvero e che vengano riaperte le indagini per scoprire ciò che manca. Al tempo si è fatto tutto in fretta, i processi sono stati celebrati in tempi record, fidandosi di tutto quello che dicevano i ragazzi".