Covid, variante Xe: chi colpisce di più e perché

Secondo gli esperti i contagi si diffondono in particolare nelle fasce caratterizzate da una copertura vaccinale ridotta

India, variante Covid spaventa il mondo

India, variante Covid spaventa il mondo

Quali sono i soggetti più a rischio? E per quali motivi? In cosa cosa si differenzia dalle altre varianti la Xe? Questi sono solo alcuni dei dubbi che in questi giorni attanagliano molti di noi dopo la diffusione della notizia che una nuova variante del Coronavirus è stata identificata. Molti esperti, nelle ultime ore, hanno cercato di rispondere a queste domande che però, diciamolo subito, non sempre hanno risposte certe.

A volte si tratta di teorie, non verificate al 100%. A volte si ha qualche evidenza scientifica che può dare qualche certezza in più. Di solito bisogna aspettare qualche settimana dal momento in cui la variante è stata identificate per poterne delineare con certezza i sintomi, gli effetti e le precauzioni da tenere affinchè non ci si ammali. In questo articolo proviamo a riassumere tutte le considerazioni fatte da vari esperti sulla variante Xe nella speranza di poter aiutare i lettori ad avere il più chiaro possibile i contorni di questa nuova mutazione del Covid.  

CHI È PIÙ SOGGETTO ALL'INFEZIONE

Secondo diversi esperti, con questa nuova variante Xe i contagi si diffondono in particolare nelle fasce caratterizzate da una copertura vaccinale ridotta: i bambini potrebbero quindi essere più a rischio degli adulti proprio a causa del fatto che la vaccinazione pediatrica non ha raggiunto neanche il 38%. Avere più paura dei vaccini che del Covid - hanno sottolineato gli esperti - senza rendersi conto che la malattia è insidiosa è un comportamento davvero pericoloso: si sa come comincia ma non si sa come finisce, nel 10% dei bambini si ha il Long Covid con una lunga situazione di spossatezza.

Il virus contagia comunque anche gli adulti vaccinati, ma in in particolare chi non ha fatto il booster, la terza dose. Una persona che oggi ha 2 dosi, spiegano i virologi, non è praticamente vaccinata. Questa malattia non dà un'immunità permanente, anche un soggetto guarito può reinfettarsi. Fino al 4% delle persone si reinfetta e cominciano ad esserci soggetti che si reinfettano più di due volte. I comportamenti da adottare, quindi, sono sempre gli stessi: vaccinarsi e continuare ad adottare quelle misure di prevenzione che ormai abbiamo ben imparato a conoscere: distanziamento in situazioni dove c’è molta gente e l’uso delle mascherine che continuano ad essere un presidio importantissimo.

 

COSA SAPPIAMO FINORA

Le prime stime indicano una maggiore contagiosità, come spiega l'Organizzazione mondiale della sanità, che parla di un possibile "vantaggio del tasso di crescita di circa il 10% rispetto a BA.2, ma questo dato richiede un'ulteriore conferma". Benché si ipotizzi, dunque, un 10% in più di contagiosità per Xe rispetto a Omicron 2, l'Oms precisa che, finché non verranno riportate "significative differenze nella trasmissibilità" del mutante "e nelle caratteristiche della malattia" che provoca, "inclusa la gravità", Xe verrà considerata una variante appartenente alla 'famiglia' Omicron.

Ma è ancora troppo presto per capire se e quanto ci deve preoccupare la variante Xe di Sars-CoV-2. La mutazione ricombinante di Omicron 1 e Omicron 2 è stata segnalata in Gran Bretagna,e proprio lì ora si sta valutando quanto questa variante sia diversa dalle precedenti, anche sul fronte della velocità di contagio e della gravità dei sintomi. Xe sembrerebbe più contagiosa, ma al momento sono stati segnalati solo 600 casi, troppo pochi per avere dati attendibili. L'indicazione che si può però trarre dalle prime analisi sui casi inglesi è che le varianti continueranno a selezionarsi e per questo dobbiamo stare attenti e non credere (o peggio far finta) che sia tutto finito.

L'invito degli esperi è dunque quello di aspettare e monitorare, rafforzando la sorveglianza sui mutanti emergenti del coronavirus pandemico. Fra l'altro la tendenza evolutiva dei virus è quella di diventare progressivamente sempre più "benevoli nei confronti dell'ospite". Il che, in parole povere, significa che la nuova variante Xe potrebbe anche rivelarsi più trasmissibile, ma addirittura meno aggressiva delle precedenti versioni di Omicron.  

IN ITALIA POCHISSIMI CASI

in Italia al momento sono stati segnalati pochissimi casi, probabilmente "di importazione". Gli esperti quindi, invitano a non allarmarsi e attendere che si comprendano meglio i dettagli di questa variante. E anche sulla possibilità che sia più contagiosa del 10% rispetto a Omicron 2 è troppo presto per azzardare ipotesi. Insomma il consiglio è quello di non preoccupiamoci di qualcosa che potrebbe non arrivare a costituire un problema serio.