Coronavirus baby boom, una pia illusione: "Meno nascite"

Varese cresce di poco, tonfo dei parti a Lodi. L’esperta: l’incertezza sui redditi frena le coppie

Calo nascite Covid

Calo nascite Covid

Milano, 7 dicembre 2020 - Zone rosse, zone gialle. Zone risparmiate dalla seconda ondata. L’idea che con il Covid, i lombardi, chiusi in casa, cedessero alla tentazione di mettere in cantiere un figlio è svanita. Non ci sono state più nascite quest’anno e non se ne prevede un incremento nel 2021. Esempi? Moltissimi. A Brescia 7.682 nati fino a novembre 2020, a fronte dei 7.685 dell’analogo periodo del 2019. Si cresce all’Asst Spedali Civili, che ha registrato 2.914 nuovi nati da gennaio a novembre 2020, un centinaio in più rispetto ai 2.818 del 2019. Negli ospedali dell’Asst del Garda (Desenzano, Gavardo e Manerbio), sono nati 1.615 bambini, in leggero aumento rispetto ai 1.586. Al Papa Giovanni di Bergamo, nella zona più colpita dal virus, dal 25 febbraio 2020 al 20 novembre 2020, 102 parti da donne positive al Covid. Solo due i bimbi positivi alla nascita. In totale 3.597 nati, contro .3625 del 2019. 

Se a Bergamo si tengono quasi i livelli dello scorso anno, a Lodi il calo è molto forte. ll numero delle nascite compresi i parti gemellari nel 2019 era di 1.236, al 30 novembre 2020 il totale è di 1.008. Stabile la situazione nascite, a novembre, a Pavia: 173 parti nel 2020, contro 172 del 2019. Nell’ultimo mese, oltre il 10 per cento delle puerpere era positiva al virus. Varese, quasi risparmiata dalla prima ondata e colpita a fondo dalla seconda, oscilla in positivo: 303 nati nel 2019, 335 quest’anno. In media quattromila neonati all’anno. E le previsioni non si discostano dal passato. Ma l’anno prossimo si sconterà un calo «intorno al 10 per cento». In Brianza, infine, a Vimercate si calcolano 1.165 nati quest’anno fino a novembre, contro i 1.263 del 2019: -7%. A Carate sono 1.143, contro i 1.220 del 2019.  

«Altro che “Corona Baby Boom”, c’è una trappola demografica". A dimostrarlo è Letizia Mencarini, professoressa di Demografia alla Bocconi, che ha firmato con i colleghi Aassve, Cavalli, Plach e Livi Bacci uno studio su Science: "La pandemia avrà un effetto depressivo sulle nascite", la tesi. Culle vuote: altro “effetto collaterale” del Covid? "Il meccanismo per cui una coppia rinvii o rinunci ad avere figli o decida di non avere il secondo o il terzo è in atto da tempo. Nel 2020 nasceranno meno bimbi del 2019 quando, dagli ultimi dati Istat, è stato raggiunto il minimo storico: poco più di 420mila nascite, con un calo del 4,5% rispetto all’anno precedente. Il totale dei nati annuale è in discesa dal 2008. Dal 1977 le generazioni di figli non rimpiazzano quelle dei loro genitori. I potenziali genitori di oggi - che hanno dai 20 ai 40 anni - sono già pochi. E fanno pochi figli. Una trappola demografica". Niente Corona Baby Boom? "La ricerca era nata per rispondere a quanti lo chiedevano. Alcuni ipotizzavano che lo stare forzatamente a casa insieme avrebbe spinto a fare più figli, c’era chi lo collegava all’aumento dell’acquisto di sex toys. Ma l’attività sessuale non è strettamente connessa al desiderio di avere figli e in Italia la cultura della contraccezione c’è: fare figli è frutto di una decisione consapevole. In più, studi psicologici hanno spiegato come questa convivenza forzata abbia spesso creato problemi alla coppia". In che modo la pandemia inciderà negativamente sulle nascite? "Soprattutto per il clima di maggiore incertezza e per la riduzione dei redditi". Qual è lo scenario della Lombardia? "Non si discosta dal dato nazionale. Prima dell’emergenza però c’erano segnali in controtendenza: la media di figli per donna si era assestata a 1,4. Non era al livello del Trentino (1,6), ma neppure tra le regioni in cui nascevano meno figli. Questo perché le donne lombarde lavorano di più, in un contesto di relativa maggiore eguaglianza di genere. Le nascite erano maggiori rispetto a regioni in cui il tasso di occupazione femminile era più basso. Ci aspettiamo una decrescita legata all’emergenza. Non credo che inciderà tanto il tasso di mortalità e morbilità, che è stato elevato in termini sia relativi che assoluti, quanto la crisi economica che sta mordendo anche in questa seconda ondata e che potrebbe portare più coppie a rinviare o a rinunciare a un figlio". Come se ne esce? "Con politiche che puntino a potenziare servizi a sostegno delle famiglie. Non bonus una tantum, ma investimenti nel capitale sociale, negli asili, nei nidi aziendali, nelle scuole. Soprattutto in questa situazione in cui si chiede di non “appoggiarsi” come prima sui nonni, per tutelarli. Incertezza e smart working hanno spinto molte imprese a fare passi indietro. Ma solo se una coppia sa di poter contare su servizi può essere motivata a trasformare il desiderio di avere figli in un progetto di vita".