Sul Covid19 è ora di cambiare comunicazione

In questa fase della pandemia concetto di contagio è mutato. Il tema vero? Le occupazioni ospedaliere, i costi sanitari, i rischi sulle persone non vaccinate

Medici in terapia intensiva Covid in una foto d'archivio

Medici in terapia intensiva Covid in una foto d'archivio

"La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi” è una citazione attribuita a Einstein, Benjamin Franklin e altri pensatori. Una banalità, per molti, forse talmente banale che spesso viene dimenticata. Così, dall’inizio dell’emergenza Covid-19, la comunicazione di questo Paese è stata incentrata sui contagi: quante persone sono state contagiate? Quanti tamponi positivi? E, solo in parte, quanti morti, quante occupazioni degli ospedali.

Leggiamo il record di contagi su tutti i media, ma raramente viene proiettato il dato dei pazienti ospedalizzati, e le statistiche tra chi è vaccinato e chi non lo era. Così la propaganda no-vax può fare breccia con un’arma molto efficace: la semplificazione. “Vedete? Le persone si contagiano anche con il vaccino: il vaccino non serve a nulla”.

Queste sono le sentenze che girano su gruppi e media no-vax. E se in parte è vero, che il vaccino non sta aiutando come pensavamo a ridurre i contagi sulle varianti, è altrettanto vero che i dati dimostrano che per i pazienti non vaccinati, rispetto a pazienti vaccinati, il rischio di ricovero è fino a 9 volte maggiore. Sappiamo anche che la copertura vaccinale scende dopo 5 mesi, e può arrivare al 44% (inferiore alla copertura del vaccino anti-influenzale che è di circa il 60% proprio per la stessa condizione delle varianti).

Per mesi Governo, virologi e media hanno fatto percepire alla popolazione che l’emergenza sarebbe finita grazie ai vaccini e che i vaccinati sarebbero stati “immuni” dal virus. Oggi, grazie ai dati, abbiamo appreso che il contesto è cambiato: abbiamo assodato che il vaccino aiuta le persone a ridurre il rischio di ricovero, a ridurre il rischio di contagio dalle varianti, ma senza annullarlo del tutto, almeno non ancora. Questo non deve sorprendere: anche i virus dell’influenza mutano, ed è il motivo per cui i vaccini anti-influenzali cambiano ogni anno e vengono realizzati in pochi mesi studiando i virus dell’emisfero sud del mondo (dove la nostra estate equivale al loro inverno) per portare nelle nostre farmacie il vaccino entro l’autunno.

Il concetto di contagio è quindi mutato: con varianti che sembrano essere meno pericolose (come naturale evoluzione del virus), il tema vero restano le occupazioni ospedaliere, i costi sanitari, i rischi sulle persone non vaccinate. Come in economia, l’eccesso di informazioni in comunicazione può generare dei fenomeni inflattivi: troppe informazioni, troppi numeri possono ridurre il peso specifico del singolo dato o della singola informazione, aumentando il rischio di una percezione errata del fenomeno e, quindi, delle conseguenze.

Continuare a “strillare” il calcolo dei contagi, senza tenere conto dell’occupazione degli ospedali e delle terapie intensive, e le differenze tra vaccinati e non, rischia di provocare enormi problemi di comunicazione e di fiducia tra cittadini e Stato. In alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, gli ospedali pubblicano solo dati relativi alle occupazioni ospedaliere, con grafici che indicano le differenze tra vaccinati e non. Lo scopo, ovviamente, è quello di incentivare più persone possibili a vaccinarsi.

Cambiare comunicazione, di fronte ad un contesto completamente mutato, può rappresentare la miglior risposta alla propaganda no-vax che ha fatto del “cherry-picking” (la fallacia logica di identificare pochi casi a sostegno di una specifica tesi), la sua più forte strategia. E’ ora che si ammetta, con trasparenza, che i vaccini sono l’arma più forte per la riduzione del danno da questa pandemia, ma che non possono “annullare” del tutto i contagi, di fronte a varianti più contagiose e meno letali. In qualunque contesto, un’ammissione di incertezza, di fronte ad un evento di portata storica mai vissuto dall’uomo, rafforzerebbe il rapporto tra cittadini e Stato. Non ammettere che forse, qualche errore di comunicazione c’è stato, può portare la propaganda no-vax ad arricchirsi di ulteriori munizioni. In un contesto in cui, non possiamo permetterci ulteriori danni al sistema sanitario, alla società, all’economia.