Fase 2, Confcommercio: "In Lombardia a rischio chiusura un piccolo negozio su due"

Il 65,8% delle imprese che subisce perdite è a conduzione familiare

Negozi chiusi per Covid

Negozi chiusi per Covid

Milano, 9 maggio 2020 -  Un giro d'affari di 8,2 miliardi (-40%). Pesante la proiezione delle perdite per il commercio al dettaglio in Lombardia per il 2020 secondo Confcommercio Lombardia. Il 65,8% delle imprese che subisce perdite è a conduzione familiare, senza dipendenti, e quindi senza Cassa integrazione. Il loro reddito in emergenza scende nel 2020 al 40% di quello in contesto normale, rileva la Confcommercio. E per questo "è a rischio chiusura fino al 50% di queste micro imprese".

Sul fronte degli interventi per le imprese, chiede Confcommercio, "resta al primo posto la necessità immediata di liquidità, più che con prestiti, attraverso contributi a fondo perduto. La leva dei prestiti, per l'accesso ai quali peraltro si chiede un immediato azzeramento della burocrazia, dev'essere accompagnata dall'iniezione di soldi veri specie per quei settori che hanno visto ridurre quasi totalmente il proprio fatturato". Quanto alle locazioni commerciali, "chiediamo il riconoscimento dello status giuridico della causa di forza maggiore con la possibilità, per l'operatore commerciale in affitto, di chiedere un indennizzo per fronteggiare il pagamento del canone di locazione". Sui tributi locali, "servono equità e buon senso: se con la chiusura non produco perché devo pagare la tassa rifiuti?".

A marzo i consumi in Lombardia erano già calati del 32% e le prospettive sono ancora più negative, a causa del lockdown totale di aprile e delle molte attività commerciali ancora chiuse in questo mese di maggio di avvio della Fase 2. La ritardata riapertura degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e di molte attività artigianali non farà altro che peggiorare la situazione, è l'allarme dell'associazione.

"E' bene ricordare - rileva Confcommercio Lombardia - che, con 211 miliardi, la Lombardia rappresenta il 20% dei consumi nazionali. I settori del turismo e dei servizi, fermi nella quasi totalità (tra il 90 e 100%) escono stremati da oltre due mesi di stop forzato". Ed è "altrettanto evidente che se ci saranno alcune filiere in grado di ripartire immediatamente a regime, una volta rimosso il blocco, ce ne saranno tante altre, soprattutto le più colpite, come quella turistica, che avranno una ripresa molto lenta". Per questo, "è stata chiesta al Governo dalle nostre associazioni del settore del turismo la dichiarazione di stato di emergenza per il settore. Il commercio non food è in ginocchio, con ordinativi stagionali sui quali nemmeno svendite e promozioni potranno compensare le perdite ingenti del comparto.