Coronavirus, gip del caso Yara e marito: fianco a fianco in ospedale

Il racconto dei giorni terribili, ricoverati a Seriate

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Milano, 6 aprile 2020 - Lei e il marito medico, le cui condizioni poi si sono molto aggravate, ricoverati fianco a fianco col supporto dell'ossigeno, in una matrimoniale all'ospedale di Seriate. E l'impressione, in un reparto dove conosceva tante persone, "di appartenere ad una grande famiglia dove ognuno nel suo piccolo, con il pensiero, le preghiere e l'affetto contribuiva alla cura dell'altro". Ezia Maccora, presidente aggiunto dell'ufficio gip del Tribunale di Milano che, tra le altre cose, si occupò anche dell'omicidio di Yara Gambirasio, racconta ad una rivista forense la sua esperienza col coronavirus dall'inizio dei malesseri, sabato 8 marzo ("ero distrutta e sono stata stordita per una settimana"). Ricoverata dopo una settimana all'ospedale di Seriate, dove lavora il marito, "la tac conferma quello che fino a quel momento non avevo voluto ammettere a me stessa e viene predisposto il mio ricovero".

"Non ho la forza di reagire, rispondo stringatamente all'infermiera per l'anamnesi e mi sdraio nel letto assegnatomi. Poco dopo arriva il medico responsabile del reparto e mi comunica che nel letto accanto ricoverera' anche mio marito, che nel frattempo aveva fatto la Tac ed era risultato positivo al Covid-19". Mentre il coniuge, "all'esordio della malattia", ancora conversava coi colleghi e parlava al telefono coi pazienti, Maccora affronta la fase piu' dura della malattia. "Non avevo neanche la forza di alzare la testa dal cuscino, restavo in silenzio, il mal di testa mi stordiva completamente e la febbre alta faceva il resto. L'effetto del  paracetamolo non copriva tutto l'intervallo necessario per sedare la febbre, allora le infermiere ricorrevano al ghiaccio, come nei tempi antichi quando i bambini avevano la febbre alta".

Poi la febbre passa, dopo una flebo, e comincia la ripresa, ma "in quel momento la situazione di mio marito si e' aggravata. Per giorni e' stato attanagliato nella morsa di una febbre altissima, non mangiava e non reagiva a nessuno stimolo neanche alle telefonate della nostra Eleonora, che nel frattempo era in quarantena da sola a casa". Il marito perde 15 kg, "la sua esuberanza e il suo essere sempre positivo scompaiono".  A quel punto, Maccora convoglia tutte le sue energie su di lui. "Passavo da scuoterlo con dolcezza ad aggredirlo per cercare di farlo reagire. Sono stati giorni estenuanti, difficili, ma alla fine anche lui una sera, intorno alle 21, dopo aver sentito al telefono nostra figlia, mi ha chiesto di aiutarlo ad alzarsi dal letto per radersi. Quello è stato l'inizio della risalita". Due giorni dopo, lei viene dimessa, lui resta a completare il suo percorso di guarigione.