"Vivere in condominio? Ci vorrebbe un patentino"

Il presidente Anaci: scordate le regole della convivenza

Un'immagine di repertorio di riunione

Un'immagine di repertorio di riunione

Milano, 5 maggio 2017 - Battaglie tra famiglie trascinate per anni, a volte scatenate da motivi che si perdono nella notte dei tempi. Ritardi sempre più frequenti nel pagamento delle spese collettive, complice anche la crisi economica. E il lavoro dell’amministratore di condominio diventa una sfida quotidiana per mediare tra esigenze diverse e spegnere sul nascere liti che rischiano di approdare in Tribunale e ingolfare gli uffici giudiziari. Leonardo Caruso, presidente milanese dell’Associazione nazionale amministratori condominiali (Anaci), dal 1990 lavora in una società che attualmente gestisce un’ottantina di nuclei abitativi tra Milano e hinterland.

Quali sono i principali motivi che creano discordia?

«I motivi sono svariati, dall’odore di fritto alle lezioni di canto e pianoforte in appartamento, da ragazzi che organizzano feste in casa a persone che lavorano di notte, disturbando chi vuole riposare. Gran parte delle liti nascono però per motivi economici, in particolare per il mancato pagamento delle spese comuni, come quelle per il rifacimento della facciate, gli ascensori, l’adeguamento degli impianti, la bonifica dall’amianto. Lavori che in questi anni, con molte case da riqualificare, sono frequenti nei condomini lombardi».

Ha notato un aumento delle persone che non pagano le spese?

«Solo tra le strutture che gestiamo noi il 10-15% dei condomini ha ricevuto decreti ingiuntivi perché non hanno pagato le spese. Un fenomeno che pesa sulla collettività. Negli ultimi 15 anni la situazione è peggiorata, non tanto nei quartieri popolari quanto nelle zone con case di recente costruzione».

Per quale motivo?

«Spesso le giovani famiglie hanno un lavoro meno stabile, quando viene meno l’impiego crolla tutto e le prime spese che vengono tagliate sono quelle per il condominio. I debiti si accumulano, arrivano i decreti ingiuntivi e nei casi più estremi le case finiscono all’asta. Gli immobili però sono difficili da vendere proprio a causa dei debiti ancora da pagare, che rendono l’acquisto poco appetibile. Al di là della crisi economica, però, il fenomeno è dovuto anche a un cambio di mentalità. Anni fa i condomini facevano di tutto per rimanere alla pari con i pagamenti, anche perché il debito era visto come qualcosa di disonorevole. Adesso c’è un disinteresse diffuso».

La mediazione obbligatoria sembra non decollare, e gran parte dei contenziosi approdano in Tribunale o davanti al giudice di pace...

«La mediazione è uno strumento importante, anche se ancora non è sfruttato nel pieno delle sue potenzialità. Per la nostra esperienza Tribunali come quelli di Milano e Monza lavorano bene, il problema è nella litigiosità dei ricorrenti che non arretrano anche se sono in torto. A volte i condomini diventano bombe a orologeria: nelle case le persone trascorrono gran parte del loro tempo e non è bello trovare famiglie che non si guardano in faccia. Manca il senso civico e la cultura, certe volte penso che prima di comprare una casa una persona dovrebbe fare un patentino per dimostrare di aver imparato le regole di base della convivenza».

In questa battaglia quotidiana qual è il ruolo dell’amministratore di condominio?

«Noi cerchiamo di fare da cuscinetto, e a volte finiamo coinvolti. Pochi giorni fa mi ha chiamato un avvocato, dicendo che il suo cliente voleva farci causa perché gli era stata assegnata una casella postale con il numero di serie diverso da quello del suo appartamento. Non certo un problema irrisolvibile».

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