Dai Centri di accoglienza i nuovi schiavi

Dall’inchiesta sull’azienda agricola sequestrata ai rider di Uber Eats commissariata, a settori che sfuggono ai controlli: il ricatto è sistema

Uno dei tanti braccianti operanti nella Straberry con paghe da 4.50 euro l’ora

Uno dei tanti braccianti operanti nella Straberry con paghe da 4.50 euro l’ora

Milano, 28 agosto 2020 - Guglielmo Stagno d’Alcontres, fondatore della società StraBerry, ha sfruttato «l’enorme disponibilità di manodopera straniera che accetta condizioni di lavoro al limite con la schiavitù pur di sopravvivere in Italia». Braccianti «in stato di bisogno» e per questo ricattabili, «tutti richiedenti asilo o comunque presenti da poco sul territorio nazionale (in attesa di regolarizzazione), dimoranti in strutture di accoglienza, privi di legami affettivi, con una scarsa conoscenza della lingua italiana e poco consci dei diritti». 

Il gip di Milano Roberto Crepaldi, nel decreto con cui ha disposto il sequestro della pluripremiata azienda agricola di Cassina de’ Pecchi, fotografa una realtà «degna di ben altra epoca e contesto»: fragole e frutti di bosco coltivati alle porte di Milano, venduti in città sui caratteristici banchetti-Apecar, dietro la facciata modalità da latifondo, insulti che rievocano l’epoca coloniale. Lavoratori reclutati in centri d’accoglienza come quello milanese in via Corelli, bacini di manodopera da sfruttare anche sulle strade, come è emerso dell’indagine che ha portato al commissariamento di Uber Eats Italia per caporalato sui rider. Alcuni braccianti, ascoltati dagli inquirenti, hanno riferito di aver saputo della possibilità di lavorare nell’azienda agricola di d’Alcontres da altri migranti ospiti della struttura, che li avrebbero indirizzati a Cassina. Raggiungevano il paese dell’hinterland in metropolitana, rientrando a Milano di sera, dopo 10-12 ore a raccogliere frutta.

«Si tratta di persone sottoposte a un continuo ricatto per via dei documenti – spiega Ivan Lembo, responsabile Politiche sociali della Cgil di Milano – in città riscontriamo però le situazioni più critiche nel turismo e nella ristorazione, nell’edilizia e nella logistica. Tutti settori esclusi dall’ultima regolarizzazione». Lavoro nero e “grigio”, realtà dove i sindacati trovano le porte sbarrate. «Quando ci hanno segnalato problemi abbiamo cercato di parlare con d’Alcontres – spiega Alessandro Marchesetti, segretario generale della Fai-Cisl Milano – ma siamo stati cacciati via, costretti a uscire dalla proprietà. Se in altre zone d’Italia ci sono seri problemi di caporalato, questa per Milano è però un’eccezione, almeno nell’agricoltura». 

I braccianti pagati 4.50 euro all’ora, ascoltati dagli inquirenti nell’ambito dell’inchiesta a carico di d’Alcontres e di altre sei persone, hanno riferito di aver accettato sfruttamento e «buste paga creative» per timore di perdere il lavoro, e quindi la possibilità di mandare denaro in Africa. «Sfruttano la nostra paura – si legge in una delle testimonianze agli atti dell’inchiesta – minacciano che se non siamo veloci ci licenziano». Quando un ex stagista della StraBerry ha invitato uno dei braccianti a rivolgersi a un avvocato, l’uomo ha risposto che «il problema è che non c’è permesso di soggiorno». Condizioni note ai dipendenti italiani dell’azienda che, nelle conversazioni intercettate, definivano i braccianti dei «poveri disperati». Lavoratori, annota il giudice, considerati «mezzi produttivi da “spremere” per conseguire un maggior margine di profitto».