Casinò di Campione, rien ne va plus: la Procura chiede il fallimento

Debito milionario con il Comune. Il pm: «Stato di insolvenza»

Casinò di Campione d'Italia in una foto di repertorio

Casinò di Campione d'Italia in una foto di repertorio

Campione d'Italia (Como), 15 gennaio 2018 - «Il Casinò di Campione deve fallire». A chiedere al Tribunale di mettere fine alle attività della casa di gioco è la Procura di Como. L’istanza nasce dal grave stato di insolvenza della casa da gioco, che solo nell’ultimo anno ha accumulato un debito di oltre trenta milioni franchi (25 milioni di euro circa) nei confronti del Comune, socio unico della società di gestione, che formalmente è custode delle cifre che devono progressivamente essere versate all’ente pubblico. Già a fine novembre la denuncia presentata a giugno dall’attuale primo cittadino dell’enclave, Roberto Salmoiraghi, era sfociata in una serie di perquisizioni del Nucleo di polizia Tributaria della Guardia di finanza di Como. L’ipotesi di reato del sostituto procuratore Pasquale Addesso è di peculato. L’obiettivo è ricostruire la gestione dei bilanci durante un periodo ancora non ben precisato, e capire le origini di questo debito. Ora, vista l’incapacità di saldare il dovuto che si trascinerebbe ormai da mesi, la Procura ha depositato al Tribunale di Como la richiesta di fallimento per il casinò più grande d’Europa, uno dei quattro esistenti in Italia.

Una svolta giudiziara che sembra segnare la fine di un’epoca di incalcolabili fasti e ricchezze, davanti ai quali negli anni, pur con una serie di periodi critici, indagini giudiziarie sulla correttezza gestionale, la casa da gioco ha sempre rappresentato un punto di riferimento per le entrate nazionali e locali. Fondato nel 1917, nel 2007 il Casinò di Campione si trasferì nella nuova sede, l’avveniristico palazzo progettato dall’archistar Mario Botta: 55mila metri quadrati distribuiti su nove piani che offrono ogni genere di svago legato al gioco d’azzardo, costati circa 120 milioni di euro. All’epoca la macchina da soldi produceva indotti, posti di lavoro, visibilità. C’erano giocatori, personaggi dello spettacolo, c’era la mondanità. Punto di riferimento del «distretto del gioco», circondata dai casinò di Lugano e Mendrisio. Ora la doccia fredda che scatena grandi timori.