La scoperta della Nasa: ora possiamo ascoltare come suoni gli echi di luce dei buchi neri

Il risultato è un audio spettrale, in cui strepitii e fruscii permettono di percepire le interazioni delle radiazioni con le nubi di gas e polveri circostanti

I buchi neri, uno dei più grandi misteri dell'universo

I buchi neri, uno dei più grandi misteri dell'universo

Gli echi di luce che rimbalzano dal buco nero V404 Cygni sono stati tradotti in suoni, a partire dai dati raccolti dagli osservatori spaziali Swift e Chandra della Nasa: il risultato è un audio spettrale, in cui strepitii e fruscii permettono di percepire le interazioni delle radiazioni con le nubi di gas e polveri circostanti. Situato a circa 7.800 anni luce dalla Terra, V404 Cygni è un buco nero (con una massa pari a 5-10 volte quella del Sole) che sta ‘vampirizzandò una stella compagna.

Il materiale risucchiato, incanalato in un disco che circonda il buco nero, genera periodicamente esplosioni di radiazioni, compresi i raggi X, che rimbalzano su nubi di gas e polvere nello spazio come fa la luce dei fari di un’auto nella nebbia. Gli echi di raggi X catturati da Chandra sono stati tradotti in suoni a frequenza più alta, mentre i dati di Swift sono resi con un tono più basso per facilitarne la distinzione: nel video, pubblicato su YouTube, sono visibili come onde concentriche che si allontanano dal buco nero. Le immagini mostrano anche le stelle sullo sfondo, riprese grazie alla Digitized Sky Survey: a ogni stella corrisponde una nota musicale, il cui volume e tono sono determinati dalla luminosità.

Onde gravitazionali rivelano buchi neri
Onde gravitazionali rivelano buchi neri

È stato svelato solo pochi giorni fa il meccanismo alla base del fenomeno che rende super-luminosi alcuni buchi neri, rimasto finora sconosciuto: le particelle estremamente energetiche prodotte da questi oggetti cosmici vengono accelerate da onde d’urto, e questo gli permette di generare luce. La scoperta si deve all’osservatorio spaziale Ixpe (Imaging X-ray Polarimetry Explorer), costruito da Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e Nasa e lanciato a dicembre 2021, che ha permesso finalmente di osservare i buchi neri nei raggi x e rispondere quindi alla domanda.

Il risultato è stato pubblicato sulla rivista Nature da un gruppo internazionale di ricercatori guidati dall’Università finlandese di Turku, con l’importante contributo dell’Italia con Asi, Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e le Università di Siena e di Torino. I ricercatori, guidati da Ioannis Liodakis, hanno utilizzato Ixpe per osservare il blazar Markarian 501. I blazar sono galassie che ospitano al centro un buco nero supermassiccio, il quale rilascia potenti getti di materia che puntano in direzione della Terra.

Si tratta di oggetti altamente energetici, che danno origine ai fenomeni più violenti dell’universo. La maggior parte della luce dei blazar è prodotta da particelle ad alta energia, ma come queste particelle diventino così energetiche è rimasta finora una domanda senza risposta.