Focolaio di Citrobacter a Verona: cos'è il batterio, come agisce e in che modo si combatte

I casi all'ospedale Borgo Trento: 89 neonati sarebbero stati uccisi o avrebbero subito gravi conseguenze fisiche. L'analisi dell'Istituto Mario Negri

Terapia intensiva (immagine di repertorio)

Terapia intensiva (immagine di repertorio)

Verona - L'indagine sul focolaio di Citrobacter all'ospedale di Verona è arrivata un punto di svolta: la Procura ha infatti iscritto nel registro degli indagati sette persone, fra ex vertici e medici della struttura. Le ipotesi di reato sono omicidio colposo e lesioni colpose gravi e gravissime in ambito sanitario. Secondo gli ispettori della Regione Veneto, il focolaio era attivo dal 2018 ma solo nel 2020, quando i contagi aumentarono e partirono le proteste delle mamme delle piccole vittime, il punto nascite fu chiuso e sanificato. Pesantissimo il bilancio delle infezioni da batterio killer: 89 neonati sarebbero stati uccisi o avrebbero subito conseguenze fisiche.

Cos'è il batterio Citrobacter koseri

Il Citrobacter koseri, secondo quanto riferisce l'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, è un batterio che fa parte della famiglia delle enterobacteriacee, come l’Escherichia coli o la Salmonella, e può essere presente nell’ambiente (per esempio nell'acqua o nel suolo) e nell’intestino dell’uomo. Raramente può causare infezioni nell’uomo e, quando avviene, nella maggior parte dei casi queste coinvolgono le vie urinarie. In soggetti che hanno un sistema immunitario indebolito, il batterio può però causare infezioni più gravi, come meningite o sepsi. E’ quello che può avvenire nei neonati, soprattutto in quelli prematuri o con peso alla nascita molto basso, che sono particolarmente vulnerabili agli agenti infettivi.

Cosa è successo a Verona

Secondo la commissione di esperti nominata dalla Regione Veneto, nell’arco di poco più di 3 anni nell’ospedale Donna e Bambino di Borgo Trento a Verona si è verificato un focolaio epidemico che ha coinvolto 89 soggetti, in prevalenza neonati ricoverati in terapia intensiva, identificati come positivi per il Citrobacter koseri. Trentanove piccoli presentavano il batterio che però non aveva causato un’infezione (colonizzazione), 44 avevano un’infezione definita dagli esperti come possibile, 6 presentavano un’infezione invasiva certamente dovuta al batterio, presente nel sangue o nel liquido cefalorachidiano. Oltre a questi ultimi 6 casi, gli esperti hanno identificato altri 3 neonati con infezione invasiva in cui non però c’era una conferma della positività al batterio. Dei nove neonati con infezione imputabile al batterio, 4 sono morti.

La contaminazione

L’origine dell’epidemia non è stata identificata con certezza, ma molto probabilmente è dovuta a una contaminazione ambientale, in particolare della rete idrica. E’ stata identificata, infatti, la presenza del batterio sui rompigetto di alcuni rubinetti e sulle superfici dei biberon. Non è da escludere, in quest’ultimo caso, che la contaminazione sia dovuta a procedure di gestione non corrette (per esempio il risciacquo con acqua di rete). Il primo caso imputabile a questo focolaio è avvenuto nel 2018. Nonostante nel 2019 vi fossero stati altri tre casi di infezione invasiva, solo nel gennaio 2020, in seguito al verificarsi di due ulteriori casi, era stata condotta una ricerca sistematica di questo microrganismo nei neonati ricoverati.

L'igiene e il ruolo degli antibiotici

Il drammatico caso dell’ospedale di Verona evidenzia, sempre secondo quanto sottolinea l'Istituto Mario Negri, l’importanza di mettere in atto tutte le procedure di igiene degli ambienti, del personale e dei visitatori per evitare il verificarsi di infezioni all’interno dell’ospedale. La terapia intensiva neonatale è un ambito particolarmente delicato, considerando la fragilità dei pazienti ricoverati. L’osservanza dell’igiene è quindi essenziale. Inoltre, da questa vicenda emerge come sia importante il monitoraggio dei casi di infezione, allo scopo di identificare in modo tempestivo un potenziale problema di contaminazione e mettere in atto gli interventi per risolverlo. Infine, ricorda a tutti noi l’importanza di un uso consapevole degli antibiotici. Spesso le infezioni da Citrobacter koseri sono resistenti a molti antibiotici e la resistenza è favorita proprio da un impiego inappropriato di questi farmaci, in ospedale ma non solo.