Baby calciatori, la stagione dei provini tra speranze e delusioni

Il ritrovo, l’attesa, la partitella, il verdetto: un agente, un mediatore, sette ragazzi e un papà in cerca di gloria

Baby calciatori

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Milano,17 marzo 2019  - Appuntament alle 8.30 in un autogrill sulla A4, pochi chilometri dopo aver superato la barriera Agrate, direzione Venezia. C’è Claudio, giovane procuratore molto attivo nel nord Italia; e poi un mediatore che preferisce restare anonimo: dice di fare il “talent scout“ sui campi di Milano e dell’hinterland e sette giovani calciatori di età compresa fra i 13 e i 16 anni. C’è anche il papà di uno di loro, disposto a “sacrificare“ la domenica pur di accompagnare il figlio verso un bellissimo sogno. Rapide presentazioni, strette di mano e neppure il tempo per una brioche: si parte con tre auto verso la provincia di Verona, perché all’alba della primavera comincia ufficialmente la stagione dei “provini“ del pallone. Ritrovo alle 10.30 in un impianto lontano dal caos, inizia tutto alle 11: quei sette ragazzi ragionano già da calciatori, durante il tragitto si raccontano le reciproche prodezze. Fantasticando. Esagerando. I tre più grandi sono in auto col procuratore e il mediatore, che ascoltano. E sorridono.Ma la giornata sarà impegnativa, perché a quell’appuntamento organizzato da una società di calcio dilettantistico, “satellite“ di un club importante (così dicono), ci saranno un centinaio di ragazzini arrivati da altre regioni del nord con un borsone di speranze. Tutto per trovare qualche candidato da portare ad altro provino, dove ci saranno altri ragazzi selezionati nello stesso modo in decine di altri angoli d’Italia.

Succede così quando inizia la bella stagione e anche i campetti delle periferie sono un po’ meno spelacchiati dopo i “rigori“ dell’inverno. Tra società satellite, tornei più o meno importanti e provini più o meno seri, non è difficile sperimentare per un attimo il brivido di sentirsi vicini al grande calcio. Almeno per qualche ora il sogno è a portata di mano, basta non crederci troppo se non si è davvero campioni. Ma a 13 o 14 anni, se la tua famiglia tifa per te e ti carica sull’auto di un fidato genitore, o su quella di un procuratore o di un suo aiutante incravattato e col gel che luccica sui capelli per andare da Milano fino a Verona (nella migliore delle ipotesi), è difficile non sentirsi molto importante.

Il viaggio dura due ore scarse. I ragazzi parlano e sognano, ma devono ascoltare alcune regole del procuratore su come comportarsi in campo: «Ai provini non è importante segnare tre gol o dribblare venti giocatori. A chi vi osserva interessa vedere che sapete fare tutto: quindi tirare dalla distanza, proteggere la palla, rincorrere l’avversario, appoggiare ai compagni... e poi, l’elevazione di testa, senza paura. E ricordatevi che non avete molto tempo, dovete fare tutto bene e anche in fretta». D’improvviso l’eccitazione dei bambini si trasforma in preoccupazione. Le domande frullano nelle loro menti. «Che devo fare? Riuscirò ad eseguire tutto? E se sbaglio uno stop?». Eccoci finalmente al campo, si va subito nello spogliatoio per mettersi le scarpe. Quasi tutte nuove, dai colori sgargianti. Sulle tribune tanti papà carichi di speranza. C’è chi urla al figlio di «mantenere la posizione», chi si rivolge ai selezionatori urlando che «il ragazzo è fuori ruolo». Chi resta impassibile. In campo le squadre da 7 o da 9 giocatori si alternano, fra esercizi di tecnica e minipartitelle. Poi all’ora di pranzo il primo stop. E i primi verdetti. «Tu vai, tu resta, tu pure...» E ancora: «Dai, riprova fra qualche mese, ci siamo anche a Rimini e a Milano... magari oggi eri un po’ stanco». Qualcuno piange, altri esultano. C’è sempre una pacca sulle spalle per tutti.

Sarà così anche il pomeriggio, dopo altre due ore di calci al pallone in libertà. «Va bene così, oggi prendiamo lui e anche il più piccolino, che però vogliamo rivedere». Dei 7 arrivati da Milano solo un paio hanno superato la prima “fase“, per gli altri ci saranno altre occasioni. C’è chi si avvia silenziosamente nello spogliatoio, ma poi si accorge di essersi dimenticato a casa bagnoschiuma e ciabatte. Finalmente scoppia una risata. E quasi per solidarietà gli altri del gruppetto fanno in coro: «Signor Claudio, è un problema se la doccia la facciamo al ritorno a Milano?». A quel punto interviene il papà (già deluso perché il figliolo non ha superato il test): «Ma voi siete matti! Mica guido per duecento chilometri con voi quattro sudati e puzzolenti in auto...dai, forza, andate a lavarvi». E’ già il tramonto quando le due auto prendono la via del ritorno. La tensione del provino è evaporata. Dopo i primi minuti di silenzio torna l’allegria anche perché i ragazzi sanno già che a fine marzo c’è un altro provino, «con gli organizzatori che filmano tutti i partecipanti durante le partitelle». « E’ un mondo di sanguisughe, non tutti questi provini sono uguali - avverte un addetto ai lavori -. Magari alcuni di quei ragazzini possono valere qualche migliaio di euro, e per le famiglie diventano assegni da incassare. Con i mediatori si portano a casa circa 2mila euro, ovviamente in nero, se l’affare si conclude». Appunto. Se si conclude. Per tutti gli altri, ripassare. La fabbrica dei sogni e delle illusioni è sempre aperta.