Milano, 30 agosto 2024 – C’è chi si colloca tra le eccellenze, come le città di Bergamo e Lecco, che sono tra i primi 8 capoluoghi di provincia col più alto numero di posti nido autorizzati ogni 100 bambini sotto i 3 anni. E comuni che, invece, di posti nido non ne hanno neanche uno, per cui le famiglie sono costrette ad andare altrove per accedere a questi servizi con l’effetto che meno bimbi ci sono, meno diventa conveniente investire sui nidi. Il quadro che emerge dalla nuova elaborazione dei dati sull’offerta di posti degli asili nido, fatta da OpenPolis, rivela che, in generale, i numeri, in generale, sono in aumento, ma restano profonde disparità territoriali (e l’aggiornamento si ferma al 2022).
Se si guarda all’obiettivo del 33% fissato originariamente in sede europea (concordato nel consiglio europeo di Barcellona del 2002), la Lombardia ha superato il tetto, con il 36% di posti autorizzati ogni 100 minori tra 0 e 2 anni.
La percentuale pone la regione al di sopra della media nazionale, al settimo posto però tra le regioni (Umbria, Emilia Romagna, Valle d’Aosta, Toscana sono sopra il 40%). A livello territoriale, però, restano profonde differenze. Tra le città classificate come polo o polo intercomunale secondo le caratteristiche Istat, quasi tutte quelle lombarde sono sopra il 33%, con punte di eccellenza per Bergamo (58%), Lecco (56,2%); tra i comuni, al primo posto c’è Vimercate con il 65,5%, San Donato Milanese con il 60%. Tra gli altri il 67% è sotto tale cifra. In generale, un terzo dei comuni lombardi non ha neanche un posto nido, mentre il 66% è sotto l’obiettivo del 33%. Il quadro cambia se si considera che il target va raggiunto entro il 2030: durante la pandemia, nell’ottica di potenziare l’educazione pre-scolare, le istituzioni europee hanno infatti stabilito una nuova soglia al 45% (commisurata rispetto alla situazione di partenza del paese). Rispetto a questo target, la media lombarda deve recuperare 9 punti percentuali, mentre tra i capoluoghi sono già sopra questo livello Bergamo, Lecco, Como (50,6%), Mantova (48,8%), Pavia (48,6%), Milano (48%), Monza (47,2%), Varese (45,6%), Sondrio (45,4%).
L’aumento rispetto agli ultimi anni è frutto di due fattori: l’effettivo incremento del numero di posti disponibili, ma, dall’altra parte, il calo delle nascite, che fa sì che basti poco per aumentare il rapporto tra posti e bambini. Potenzialmente, persino una diminuzione dell’offerta effettiva, se resta inferiore alla velocità con cui cala la popolazione minorile, basterebbe per aumentare il rapporto: chiaro che non si può pensare di puntare solo su questo secondo fattore per raggiungere gli obiettivi europei ma è anzi fondamentale avvicinarsi alle soglie target, anche per invertire (o perlomeno rallentare) il trend di denatalità.