Contro furti e rapine licenze difficili: in 3.000 "dormono" con la pistola

Criteri più restrittivi per ottenere i rinnovi. La mappa delle province

"Io sto con Mario", manifestazione in solidarietà a ristoratore di Casaletto

"Io sto con Mario", manifestazione in solidarietà a ristoratore di Casaletto

Milano, 6 aprile 2017 - Si spara sempre di più per difendersi. Eppure, tra le carte bollate delle Prefetture, si scopre che solo lo 0,03% dei circa 10 milioni di abitanti lombardi ha una regolare licenza finalizzata a questo scopo: 3.023 nel 2016, 177 in meno rispetto all’anno prima anche se il bilancio definitivo dipenderà dai 190 rinnovi ancora pendenti a Bergamo. In Italia sono 18mila i porti d’arma per difesa personale, il 16,7% in Lombardia.

Difesa sia, dunque. Ma spesso con armi regolarmente detenute per altre finalità: caccia e sport, in particolare. Tant’è che, a microfoni spenti, non è raro registrare dagli uffici delle Prefetture più di una perplessità, quando si chiede solo il dato relativo alle licenze di porti d’arma per difesa personale: «Va bene, ma i fatti di cronaca spesso coinvolgono chi ha armi per altri scopi. Bisognerebbe sentire anche le Questure». Vero, perché richiesta che hai, ente a cui bussi. La strada più semplice è quella percorsa da cacciatori e sportivi che si rivolgono alle Questure per ottenere le licenze. Il rilascio per difesa personale, invece, è di competenza delle Prefetture (così come l’uso professionale per le guardie giurate): richiesta scritta, con tanto di motivazione e certificato di idoneità psicofisica, e una spesa complessiva di poco superiore ai 130 euro.

Il costo non è certo un freno. Lo è invece la motivazione: se non è valida, la procedura viene respinta. I casi non mancano: a Milano e in Brianza, dove le pratiche delle due province vengono gestite dall’ufficio milanese, nel 2016 sono state presentate 1.531 richieste, a fronte di 1.486 autorizzazioni (in calo rispetto alle 1.551 dell’anno precedente). Tanto che il prefetto di Varese, Giorgio Zanzi, ha rilevato che «non si sono ridotte le richieste, ma sono diventati più stringenti i criteri per ottenere il rinnovo: viene concesso a chi ha una reale esigenza di autodifesa o ha ricevuto minacce e solo dopo il superamento dei test psicofisici». Va letto così il confronto tra il 2010, quando i porti d’arma erano 510, e i 275 del 2016. O la differenza tra le richieste pervenute a Bergamo negli ultimi dodici mesi (335) e le 140 autorizzazioni (134 rinnovi e 6 primi rilasci).

Ci sono province, poi, dove il trend è in crescita. È il caso di Brescia, patria dell’industria delle armi. Qui, nonostante i dieci dinieghi in più della Prefettura (22 nel 2016, 12 nel 2015) i porti d’arma sono aumentati da 334 a 346. Sei in più anche a Lodi - 67 a 61 - dove poco meno di un mese fa un colpo di fucile da caccia ha ucciso un rapinatore. Le indagini sono ancora in corso.

Crescono e di molto i permessi concessi a Pavia, da 288 a 367. Così come a Sondrio - da 31 a 38 - Como - da 72 a 83 - e Lecco, da 109 a 116. Calano, invece a Cremona - da 48 a 40 - e Mantova - da 70 a 65.

IL RESTO della Lombardia armata passa dunque dalle autorizzazioni per sport e caccia, armi che la cronaca ha reso “buone” per difendersi da ladri e rapinatori.

Anche il Ministero dell’Interno certifica che le licenze valide per difesa personale sono solo una minima parte. Su 1.063.537 concesse in Italia nel 2016 (in calo rispetto alle 1.309.818 dell’anno precedente), 564.213 sono a uso caccia, 435.651 per il tiro a volo e più di 45mila per le guardie giurate.