Caso mascherine cinesi, 70 milioni già sequestrati

Nel mirino delle Fiamme Gialle conti correnti, moto di lusso e yacht il tesoretto delle società coinvolte nel mirino delle Fiamme Gialle

Domenico Arcuri  (Ansa)

Domenico Arcuri (Ansa)

Roma - Ruota attorno a soldi, tantrissimi soldi, l'inchiesta (un arresto) romana sul maxiappalto di 801 milioni di mascherine dalla Cina  individuate, tra marzo e aprile 2020, dal Commissario per l’emergenza Domenico Arcuri con Mario Benotti. A cominciare dai 1,25 miliardi di euro per la fornitura di mascherine da consorzi cinesi che avrebbero beneficiato le società italiane Sunsky srl, Partecipazioni Spa, Microproducts It Srl e Guernica Srl di 69,5 milioni di euro di provvigioni. Ma per fare chiarezza occorre tornare ai quei terribili giorni di marzo quando in piena emergenza pandemica l'Italia era alla strenua ricerca di mascherine. 

Soldi, si diceva, come i circa 70 milioni sequestrati su ordine del gip e della procura, le Fiamme gialle procedono: tra questi conti correnti, quote societarie, polizze assicurative, immobili, moto di lusso, gioielli, orologi e yacht. In quei giorni terribili i prezzi concordati con la Cina (2,2 euro per una mascherina Ffp2; 3,4 euro per una Ffp3 e 0,49 per una chirurgica) sono ritenuti congrui dagli uffici: con "lauti guadagni" come scrivono gli inquirenti per gli indagati Mario Benotti (giornalista in aspettativa), Andrea Vincenzo Tommasi, Antonella Appulo, Daniela Guarnieri, Jorge Solis San Andrea, Daniele Guidi, Georges Khozouzam e Dayanna Solis Cedeno – "un comitato d’affari" secondo i pm. Reati ipotizzati: ricettazione, riciclaggio, traffico di influenze, illeciti amministrativi.

Annotano i magistrati: "Allo stato non vi è prova che gli atti della struttura commissariale siano stati compiuti dietro elargizione di corrispettivo". Una frase interlocutoria in mezzo a numeri e date ben sottolineati. Per esempio i "1.280 contatti via telefono o sms" avvenuti tra Arcuri e Benotti. Contatti "giornalieri" già da febbraio, a "conferma di un’azione di mediazione iniziata ben prima del 10 marzo 2020". "In quel momento – spiegano gli inquirenti – nessuna norma consentiva deroghe al codice dei contratti". "Evidentemente – è la ricostruzione – vi era già un concerto sui passi da compiere", nei giorni in cui "i facilitatori" stavano tessendo la tela. Poi dal 7 maggio telefono muto.

"È significativa", per i pm, l’intercettazione telefonica del 20 ottobre 2020 in cui Benotti confida a Guarnieri che Arcuri non si fa più trovare, interpretandolo come indizio "su qualcosa che ci sta per arrivare addosso". Infatti – scrive il gip – gli indagati "provvedono a distrarre ed occultare parte delle somme indebitamente percepite a titolo di commissioni", aprendo la strada al sequestro. Provvedimento che la difesa di Benotti giudica "infondato" avendo il consulente sempre agito "su esplicita e reiterata richiesta orale e scritta di Arcuri", come "anche per il reperimento di ventilatori polmonari". Viceversa il Commissario e la struttura, proclamandosi "estranei alle indagini" e "oggetto di illecite strumentalizzazioni da parte degli indagati", annunciano che è in corso la valutazione legale "per la costituzione di parte civile".