Sos soccorsi, meno dell’1% usa l’app salva-vita

Trova chi chiama il 112, ma non decolla. Boom dopo il caso Gautier

L'app salva-vita

L'app salva-vita

Milano, 22 agosto 2019 – Lo zero virgola. «Meno dell’1%», fa i conti Andrea Pagliosa del team sistemi informativi di Areu, l’azienda regionale che gestisce l’emergenza urgenza. Sorprende che tra le app di meteo, food e calcio fatichi a trovare spazio negli smartphone l’app che può salvare la vita. Lo dicono i numeri di Areu, visto che da inizio anno, in Lombardia, sono solo 9.500 le richieste di aiuto a carabinieri, polizia, vigili del fuoco e soccorso sanitario arrivate tramite l’app del Nue, il Numero unico europeo 112, in una regione dove «gli operatori processano in media 13mila chiamate al giorno». Eppure “Where Are U”, l’app ufficiale per l’emergenza collegata alle Centrali uniche di risposta (Cur) del 112, «ha già una storia di cinque anni» spiega Pagliosa. «Non sono pochi, ma è una storia di alti e bassi. Che va a momenti». Così succede che sull’onda dell’emotività ci sia una corsa a scaricare (gratuitamente) l’app dagli store di Android, Ios e Windows, salvo poi dimenticarsene.

Accade anche in questi giorni. Il 18 agosto viene recuperato in fondo a un burrone il corpo senza vita di Simon Gautier, lo studente francese di 27 anni disperso in Cilento. Aveva chiamato il 118 della Basilicata per chiedere aiuto una decina di giorni prima, ma non era stato localizzato. L’effetto è immediato: la geolocalizzazione tramite smartphone e il ritardo italiano ad adeguarsi alla direttiva europea (scadenza 2020) diventano improvviasamente un’urgenza che si traduce in un boom dei download dell’app salva-vita “Where Are U”: 1.511 il 18 agosto, 12.080 il giorno successivo, 18.966 nella giornata di martedì 20 agosto. «È risolutiva sempre, soprattutto nelle aree non urbane come le zone di montagna o le autostrade», sottolinea Pagliosa. «È in grado di fornire agli operatori del Nue le coordinate esatte» anche nei casi in cui chi chiama non sa o non è in grado di fornire dati precisi sulla propria posizione. L’app rileva la localizzazione di chi chiede aiuto tramite Gps e la rete dati e la mostra sul telefono; al momento della chiamata la posizione viene trasmessa tramite rete dati o tramite sms se la rete dati non è disponibile. «La diffusione è lenta perché c’è una bassa sensibilità sull’emergenza nel nostro Paese – dichiara Pagliosa –. La gente non pensa di averne bisogno e anche i provider, finché non ci sarà una copertura nazionale, non sono interessati a inserirla come app di sistema negli smartphone».

Where are U è attiva in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Liguria, nelle province di Trento e di Roma, a Bolzano e in alcune zone della Sicilia. «Continuiamo a svilupparla, in autunno l’app sarà implementata con funzioni che favoriranno la gestione della chiamata anche da parte di persone con difficoltà a cominciare da chi è sordo», anticipa l’esperto informatico di Areu. «Un’app può salvare la vita. L’innovazione in ambito socio sanitario non è più una frontiera lontana, ma una realtà operativa», osserva l’assessore al Welfare di Regione Lombardia, Giulio Gallera.