Lombardia che cambia: meno coltivazioni e pascoli, aumentano le foreste

Il rapporto annuale dell’Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste evidenzia la debolezza del sistema

Boschi e foreste, patrimoni di biodiversità da tutelare

Boschi e foreste, patrimoni di biodiversità da tutelare

Milano, 8 aprile 2019 - «Abbiamo 620mila ettari di foreste, una filiera bosco-legno che conta 4.871 imprese con 20mila addetti, un’industria del legno tra le prime in Europa, eppure la produzione quantitativa e qualitativa di legno è insufficiente e siamo costretti a comprare materia prima all’estero». Alessandro Fede Pellone, presidente di Ersaf Lombardia (Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste), alla vigilia del Salone del Mobile sfoglia l’ultimo Rapporto sullo stato delle foreste, mettendo in luce la debolezza del sistema.

Presidente, l’ultima fotografia della Lombardia mostra ormai da qualche anno una crescita delle foreste. Non è un aspetto positivo? 

«Il bosco sta prendendo gradualmente il posto di pascoli e coltivazioni, ma non a seguito di politiche mirate bensì per l’abbandono delle aree rurali. L’abbandono gestionale si riflette sull’utilizzo del prodotto legnoso che nel 2017 è stato pari al 18% della biomassa forestale prodotta nell’anno. Mentre in Europa si preleva, in media, il 60%. In Austria addirittura il 90%».

E il legno che non viene utilizzato che fine fa?

«Contribuisce a tenere non governato il bosco, aumenta il rischio di incendi (nel 2017 sono stati 220 e hanno coinvolto 4.292 ettari, di cui 2.288 a bosco: numero superiore alla media dell’ultimo decennio di 166 incendi l’anno ) e occupa territori un tempo dedicati a pascolo e agricoltura, attività che generano vantaggi economici che il bosco così com’è non crea. In Valtellina, ad esempio, ci sono tanti giovani imprenditori che si sono dedicati alla produzione di mirtilli, luppolo, zafferano, ma se non abbiamo più territori da coltivare, diventa un problema».

Perchè la filiera bosco-legno si è interrotta?

«Usiamo poco le nostre foreste per scarsa attenzione. Bisognerebbe creare una cultura di buon governo del bosco, che non vuol dire assolutamente un taglio selvaggio. In Lombardia si potrebbe produrre legno a sufficienza per essere (quasi) autonomi».

Quali sono i numeri?

«Oggi dei circa 585mila metri cubi richiesti al taglio, il 72% viene destinato alla produzione di energia attraverso impianti tradizionali e centrali a biomasse, mentre solo il 28%, anche a causa della qualità, viene utilizzato come legname da opera ed altri usi commerciali. Oltretutto, in questi ultimi anni, nell’arredo (anche urbano) e nell’edilizia vuoi per questioni ecologiste vuoi per nuovi criteri costruttivi che stanno abbandinando cemento e acciaio, il volume di legname richiesto è aumentato. In provincia di Sondrio la crescita maggiore: +27% in un anno con 22.332 metri cubi. Anche Varese ha registrato un +16,4%. Ma è Brescia la provincia dove è stato chiesto più legname, con 119.983 metri cubi (il 20,5% della massa totale regionale)»

Tuttavia il sistema non si è ancora adeguato...

«Il nostro rapporto vuole essere uno stimolo, anche sul fronte politico, per promuovere la cultura del bosco, la sua gestione attiva e l’utilizzo corretto del prodotto legnoso con attenzione alle specificità del territorio. Il bosco non è solo un bene economico, ma anche un inestimabilepatrimonio ambientale, sociale, turistico e naturalistico. Basta saper trovare l’equilibrio».