Morto l'alpinista di Novara travolto da valanga in Patagonia: corpo individuato dal drone

Corrado Pesce era bloccato da oltre 40 ore in quota con gravi fratture. La responsabile dei soccorsi: "In quel punto il decesso per ipotermia arriva dopo due ore"

Corrado 'Korra' Pesce, l'alpinista morto in Patagonia

Corrado 'Korra' Pesce, l'alpinista morto in Patagonia

L'alpinista italiano Corrado Pesce, travolto venerdì da una valanga di pietre e sassi su una difficile parete del Cerro Torre in Patagonia, "non può più essere vivo". Lo ha assicurato Carolina Codó, medico argentino e responsabile del Centro dei soccorsi alpini di El Chaltén. "Abbiamo potuto solo oggi ingrandire le immagini di un drone volato venerdì mattina nella zona dell'incidente. Si vede il corpo di Pesce scivolato 50 metri sotto la piattaforma dove aveva passato la notte con un compagno argentino. A quell'altezza, e senza protezione adeguata, la morte per ipotermia arriva dopo massimo due ore", ha spiegato la responsabile.

La sorella Lidia aveva già scritto un commosso messaggio d'addio su Facebook. Segno che erano ormai sfumate le speranze di rivedere vivo Corrado "Korra" Pesce, l'alpinista italiano originario di Novara, da anni residente a Chamonix, in Alta Savoia. Lo sportivo era stato ferito nella mattinata di venerdì 28 gennaio da una scarica di pietre e detriti mentre era impegnato in un'escursione sul Cerro Torre. Colpi che gli hanno provocato ferite molto gravi, costringendolo a rifugiarsi, ridotto all'immobilità, in un piccolo rifugio sulla parete della montagna.

"Non riesco a crederci. Hai portato via una parte di tutti noi - ha scritto la sorella Lidia sui social - Tua Figlia, i tuoi nipoti: per loro eri e sei lo Spiderman sul ghiaccio. Sarà dura mandare giù tutto questo vuoto che hai creato". Dall'Argentina, intanto, erano arrivate notizie che chiudevano la porta a ogni speranza residua. Le ricerche dell'alpinista si erano interrotte a causa del maltempo. "Le notizie che abbiamo avuto dall'Argentina confermano che le ferite di Corrado erano gravissime. Le fratture impedivano di muoversi. Ci hanno detto che non poteva sopravvivere a lungo. La zona dove è avvenuto l'incidente è pericolosissima, soggetta a continue valanghe", le parole delle guide alpine di Chamonix, in contatto con delle persone in Argentina.

"Ringrazio tutte le persone intervenute - ha scritto ancora su Facebook la sorella -. Ringrazio gli amici e tutti per quello che avete fatto per lui e ringrazio Tomas Roy Aguilò per averti messo al sicuro nella sua difficoltà. Corra - ha chiuso Lidia riferendosi direttamente al fratello - veglia su Leia principalmente. E Veglia su Mamma e Papà. Ho un nuovo Angelo in cielo. Ti voglio bene e te ne vorrò per sempre. Buon viaggio"

Quando è avvenuto l'incidente Pesce era in compagnia di un alpinista argentino di San Carlos de Bariloche, Tomás Aguiló, che è pure rimasto ferito ma è riuscito a raggiungere una quota più bassa dove è stato salvato da un elicottero. A causa della valanga i due alpinisti hanno perso tutto il loro equipaggiamento, e prima di scendere più a valle, si è appreso, Aguiló ha lasciato il compagno italiano in un rientranza della parete conosciuta come 'El box de los ingleses'.

Da una base di El Chaltén era partita una spedizione composta da oltre 30 alpinisti volontari che ha tentato di raggiungere Pesce, ma ha dovuto interrompere il viaggio a causa delle condizioni meteo impraticabili.