Alba Parietti e Selvaggia Lucarelli assolte da querela reciproca: le motivazioni

La sentenza riguardava l'accusa di diffamazione dopo gli strali lanciati durante l'edizione 2017 del programma Ballando con le stelle

Selvaggia Lucarelli e Alba Parietti

Selvaggia Lucarelli e Alba Parietti

«La volontaria e consapevole adozione di determinati toni da parte di entrambe le imputate ha in definitiva comportato una dilatazione dei limiti di una accettabile continenza espressiva nel senso che, a fronte di un giudizio obiettivamente caustico espresso da una nei confronti dell'altra, non poteva configurarsi incongrua una risposta dello stesso tenore sostanziale». Lo scrive il giudice Mario Morra della sesta sezione penale del Tribunale di Milano, nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso novembre ha assolto la conduttrice tv Alba Parietti e la giornalista e blogger Selvaggia Lucarelli dall'accusa di diffamazione dopo querele reciproche durante l'edizione 2017 del programma Ballando con le stelle. In particolare Lucarelli, giudice del programma di prima serata del sabato sera e difesa dall'avvocato Lorenzo Puglisi, è stata assolta con la formula «perché il fatto non sussiste».

Parietti, che era ballerina concorrente nella stessa trasmissione e difesa dall'avvocato Gian Filippo Schiaffino, è stata invece ritenuta non punibile «perché la condotta delittuosa è stata posta in essere in uno stato d'ira provocato dalla percezione di una condotta gravemente lesiva della propria reputazione e professionalità». Secondo il giudice, ad eccezione di due post pubblicati da Parietti nell'aprile 2017, «gli ulteriori commenti riportati nel capo di imputazione non appaiono trasbordare i limiti di tollerabilità di una continenza verbale che va valutata anche in rapporto allo specifico registro comunicativo di fatto adottato da entrambe le contraddittrici». 

Il giudice osserva che le frasi pubblicate sui social in data 25 aprile 2017 da Parietti, invece, «anche per la maggiore specificità del loro contenuto, hanno una carica diffamatoria e sarebbero senz'altro suscettibili di integrare il reato di diffamazione» anche se «non può essere disconosciuta la valenza provocatoria dei giudizi e dei commenti resi dalla Lucarelli nei giorni antecedenti». Il tutto, sottolinea il giudice, anche «ingigantito enormemente dal gran numero di followers e fan dei profili social della Lucarelli».

In sostanza, per il giudice di Milano, quei post sono «riconducibili a uno stato di perturbamento e di ira determinato dalla percezione di un atteggiamento di diretto disconoscimento della sua professionalità, di mancato rispetto persino della propria età anagrafica e di aperta derisione pubblica protrattasi da parte della Lucarelli, protrattasi fino a quello stesso giorno».