di Marco Dozio

Bernareggio, 22 gennaio 2013 - Dice di essere pentito. Ripete che non voleva, non ricorda, non si capacita di quello che ha fatto. Parla di un buco nero della mente. Di un black-out che inizia con le urla del litigio e finisce in caserma, dove si presenta imbrattato di sangue dicendo di aver ucciso la donna che ama, Antonia. In mezzo, dice lui, la totale assenza di immagini e ricordi, se non per quell’attimo in cui afferra il coltello. Cinque fendenti, due alle gambe, quello letale al torace: ma lui non ricorda, ripete di aver rimosso la sequenza della mattanza e persino la passeggiata verso la stazione dei carabinieri, a una manciata di passi dall’appartamento di via Montegrappa.

«Che cosa ho fatto? Perché è successo? Non volevo ucciderla, io sono innamorato di lei». Parole che Moustafà Hasouani, l’assassino reo confesso dell’ex convivente Antonia Stanghellini di 46 anni, ha trasformato nell’intercalare di ogni frase. «Il mio assistito ha agito in preda a un raptus, è scattato qualcosa nella sua testa. Mi auguro che non venga contestata la premeditazione», spiega il legale Alberto Lancellotti, che ha conosciuto il cliente Hasouani alla fine del 2011, quando il marocchino 45enne necessitava assistenza per la gestione dei figli minorenni, Josef di 12 anni e Nada di 16, che ora vivono con nonni e zii. «MAIavrei immaginato un epilogo così drammatico. La gelosia lo tormentava e c’erano problemi economici: senza lavoro da un anno e potendo contare solo sul sussidio di disoccupazione non riusciva a pagare gli alimenti».

C’è il mutuo da pagare per la casa dell’orrore. Ma la miccia che ha innescato la follia appartiene completamente alla dimensione passionale: «È la gelosia che ha determinato la tragedia», conferma Lancellotti. Sabato nel tardo pomeriggio Moustafà entra nell’appartamento di cui aveva conservato le chiavi, nonostante vivesse da un anno nella strada accanto con genitori e fratelli, e inizia l’ennesima discussione. Vede Antonia pronta ad uscire per andare a prendere i figli. Pensa che si stia preparando per incontrare un amante inesistente. Urla e uccide. «Ora è completamente sotto shock. Hasouani non lo dipingerei come un mostro. Ha sempre lavorato, per anni ha guadagnato discreti stipendi. La perdita del lavoro può aver influito sulla sua psiche. Si sentiva isolato», aggiunge il legale che non si è mai occupato delle 3 denunce presentate dalla vittima, poi ritirate per il timore di ritorsioni: a febbraio, ad aprile e infine settimana scorsa. «Da quanto mi ha detto, Hasouani stesso presentava delle controquerele per offese e percosse che poi andavano a ritirare insieme».

LASTRATEGIAdifensiva è ancora incerta: «Dobbiamo valutare se chiedere la perizia per infermità mentale». Antonia e Moustafà si erano conosciuti nel 1992, nella fabbrica di Cavenago dove la donna ha lavorato fino all’ultimo come operaia. Per lei un matrimonio alle spalle con un italiano da cui era nata la 20enne Sara, di ritorno oggi dalla Spagna dove si trovava per l’Erasmus. Domani alle 9.30 l’interrogatorio di convalida dell’arresto davanti al Gip Alfredo De Lillo.